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Maestro, ma mi faccia il favore…

Creato il 23 settembre 2012 da Marinobuzzi

Leggendo l’articolo di Alex Corlazzoli, che tiene un blog sul sito di Il Fatto quotidiano mi rendo tristemente conto di due cose. La prima è che non è sufficiente essere un insegnante per essere anche una persona culturalmente aperta, la seconda è che non tutti coloro che scrivono per testate importanti hanno qualcosa da dire. Potrei anche aggiungere che non è neppure sufficiente essere “orgogliosamente” anti berlusconiano, come il signor Corlazzoli, per evitare, poi, di portare avanti idee che sono tristemente simili a quelle del cavaliere.
Il pezzo di Corlazzoli si apre come una riflessione (la trovate qui) che vorrei poter analizzare pezzo per pezzo, così, giusto per riflettere un po’ su quanta strada ci sia ancora da fare in questo paese.
Già il titolo la dice lunga: “Maestra, mia mamma si chiama Nichi”, un titolo che fa davvero venir voglia di piangere e che mette in evidenza come ci si ostini a voler parlare di cose che, non solo non si conoscono, ma che proprio non si capiscono.
La polemica, come al solito, è quella legata al desiderio di paternità di Nichi Vendola e, di fatto, a quello di altre centinaia di omosessuali. Se sei omosessuale, pare, non puoi desiderare una famiglia perché il copyright ce l’hanno solo le persone eterosessuali. Mi sembra chiaro che il sistema riproduttivo delle persone omosessuali funziona, oppure non funziona a seconda dei casi, proprio come nelle persone eterosessuali. È quindi piuttosto banale che quel “ciclo di vita” che porta molte persone eterosessuali a desiderare un figlio (aggiungerei, vista la situazione attuale a desiderare egoisticamente di avere un figlio) riguardi anche le persone omosessuali che, finalmente libere, almeno in quello che noi abbiamo il coraggio di definire “mondo civilizzato” dalla spada di Damocle della “colpa” di essere se stessi, hanno addirittura la presunzione di voler essere come tutte le altre persone.
Ma andiamo per gradi perchè le considerazioni del signor Corlazzoli meritano tutta l’attenzione del caso.
“Premetto che ritengo sacrosanto che venga riconosciuto il diritto alle coppie gay di sposarsi. Non solo. Sono un maestro che spesso, pur sfidando i pregiudizi di qualche genitore, ha affrontato il tema dell’omosessualità consapevole che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità in una classe di venti adolescenti, un ragazzo o una ragazza ha la probabilità, dal punto di vista statistico, di essere omosessuale.”
Questo è quanto scrive il nostro maestro preferito per sfuggire al pericolo di essere etichettato come omofobo, “sono un maschio democratico” perché sono favorevole al riconoscimento del matrimonio per le coppie omosessuali (grazie Corlazzoli, grazie). “Sono, addirittura un maestro che sfida la mentalità corrente e parla, a volte, di omosessualità.”
Cavoli, un vero eroe.
Se l’Italia fosse un paese normale, così come lo sono molti altri paesi europei, di certo non staremo qui a discutere della difficoltà di parlare, non di omosessualità nello specifico, ma semplicemente di sessualità, nelle scuole. Ma l’Italia, come è noto dalla storia del nostro paese, non è un paese normale. Puoi sopportare che un vecchio uomo paghi una ragazzina per andarci a letto e poi dica che è sua nipote ma non che un omosessuale desideri di avere un figlio. Puoi sopportare che il presidente di una regione si faccia pagare le vacanze da personaggi poco trasparenti e un’altra sostenga che non sapeva nulla dei soldi rubati alla regione dai suoi uomini ma non che un presidente vada con una transessuale. Insomma la morale, in questo paese, corre sempre su un doppio binario. Se rimani, comunque, sul binario eterosessuale puoi fare qualsiasi cosa ma se finisci sull’altro, bé, allora…
Insomma non è una novità, Signor Corlazzoli, che l’Italia sia un paese bigotto, omofobo e terribilmente sessuofobo. Anche molto ipocrita, a dire il vero, visto che abbiamo uno dei mercati della prostituzione più fiorenti e che la visione di pornografia in internet raggiunge dei livelli difficili da immaginare. Però se si cerca di parlare di sessualità a scuola scoppia il putiferio perché ai “nostri figli” certe cose non si devono far sapere. Certo è meglio che continuino a pensare che il sesso meccanico che vedono in internet corrisponde alla realtà nel rapporto fra i sessi. Certo è meglio continuare a far rischiare loro la vita a causa delle malattie sessualmente trasmissibili piuttosto che insegnargli ad usare un preservativo.
Certo poi il tono della discussione, che trovo di una superficialità imbarazzante, prende vie diverse:
“Tuttavia da insegnante provo a immaginarmi un bambino di 6 – 7 anni che spiega ai compagni che lui ha una mamma maschio. Ho provato a pensare al figlio di un omosessuale che quando disegna la sua famiglia a differenza degli altri raffigura la mamma con la barba. E ancora ho pensato a come vivrebbero questa nuova dimensione gli altri bambini. Da che mondo è mondo il bambino ha bisogno della figura della madre e del padre, della donna e dell’uomo. Il bambino che è rimasto per nove mesi nel ventre materno e ha vissuto l’esperienza del legame fisico con la madre attraverso l’allattamento, continua nei suoi primi anni di vita a riconoscere anche nella fisicità della madre un senso di protezione che un uomo non può dare. E’ un fattore senza dubbio anche fisiologico e fisico. Il papà è invece, colui che dà sicurezza, è la figura che ci ha rassicurato quando abbiamo preso in mano per la prima volta la bicicletta.
Non solo. Nei primi anni di vita nei bambini, secondo la psicopedagogia, vi è un processo di identificazione nei genitori: dato non irrilevante per una coppia di omosessuali.”
E qui, direi, c’è materiale a sufficienza per dire che il signor Corlazzoli non sa proprio nulla di omogenitorialità. Egli, infatti, si basa sul vecchio schema eterosessuale per cui se una coppia è composta da due uomini allora, uno dei due, deve fare la parte della donna o della mamma. Si tranquillizzi, Signor Corlazzoli, quei maschi con la barba che si spacciano per “mamme” vivono solo negli incubi di alcuni maschi eterosessuali. All’interno della coppia omosessuale, anche se è difficile da capire, non esistono i ruoli che ancora sopravvivono, tristemente, nell’immaginario maschile. Non c’è l’uomo e non c’è la donna, ci sono due individui che, spero, si amano e si rispettano. Come dovrebbe essere in qualsiasi coppia eterosessuale e/o omosessuale. Ora mi spieghi perché un bambino nato e cresciuto ( e ce ne sono parecchi e la invito a fare quattro chiacchiere con queste famiglie, chiamate famiglie omogenitoriali, per superare le idee che aleggiano nella sua mente) in una coppia omosessuale dovrebbe raffigurare uno dei due padri vestito da donna o una delle due madri con la barba. Crede forse che il modello di famiglia eterosessuale, che è stato, anche grazie allo zampino della chiesa, proposto come unico modello possibile, sia davvero quello che deve predominare anche nell’immaginario di bambini di coppie omosessuali. E che dovrebbe fare allora il figlio di una persona single? Raffigurare la propria madre vestita per metà da uomo e per metà da donna? Vuol dirmi allora che i bambini orfani, privati di quel legame con la madre di cui lei parla, saranno poi bambini irrisolti? E che dire delle coppie lesbiche in cui questo legame non viene “interrotto”? Allora le coppie lesbiche possono avere figli e le coppie gay no? Mi perdoni, sono un po’ confuso, lei parla di modelli in cui il bambino si riconosce. Quello maschile e quello femminile, è così da secoli, dice lei. Certo. Quando mio padre era bambino non si sapeva neppure cosa fosse l’omosessualità. I bambini andavano a lavorare a sei o sette anni, il padre padrone dominava sulla donna, i modelli educativi erano, spesso, confusi con le punizioni fisiche. È sempre stato così, no? Eppure le cose sono cambiate, mi sembra. Devo quindi pensare che i vecchi modelli fossero quelli giusti?
Non credo proprio.
Lei dice che il papà è quello che dà sicurezza. Sono contento per lei che conosce solo coppie felici. Io ne ho conosciute diverse che non hanno avuto la stessa fortuna, spesso con padri assenti o violenti, ben lontani da quell’ideale di sicurezza che dovrebbe, a sentire lei, caratterizzare la figura del padre. E poi, mi scusi, ma allora all’interno di una coppia omosessuale composta da due padri il bambino dovrebbe davvero sentirsi sicuro, no?
Per non parlare del “processo di identificazione” di cui parla, a sproposito, nel suo banale e assolutamente superficiale pezzo. Con chi mi sarei identificato, allora, io? Figlio omosessuale di genitori eterosessuali? Con mia madre? Aspetti non vorrà mica tirar fuori la storiella della mamma troppo presente e del padre assente, vero? Si metta in fila ci sono già i vari Nicolosi a spalarci addosso queste insulse teorie da manuale degli psicologi fai da te.
“La necessità da parte delle coppie gay di adottare dei bambini mi sembra decisamente una scelta per soddisfare una propria esigenza, per colmare una mancanza. Nulla di più. Certo è che anche la scuola, dove è ancora un tabù parlare di omosessualità, dovrebbe essere pronta ad affrontare una tale rivoluzione.”
Ora, gentile Signor Corlazzoli, probabilmente lei non ha visto la terrificante inchiesta andata in onda qualche giorno fa in seconda serata su Raitre. Si parlava del turismo sessuale che molti maschi europei, alcuni ottimi padri di famiglia in patria, vanno a fare in luoghi come la Thailandia. In questi luoghi, a causa dell’estrema povertà, le bambine e i bambini vengono venduti a questi disgustosi individui per fare in modo che essi sentano appagato il loro bisogno di potere e che possano soddisfare i loro vergognosi e malati appetiti sessuali. Perché le dico questo? Glielo dico, signore, perché se lo avesse visto probabilmente non staremmo qui a discutere su quanto sia giusto dare l’opportunità a una coppia omosessuale di adottare o meno un bambino. Probabilmente, pur di togliere quei bambini e quelle bambine da quell’orrore, sarebbe ben felice di dare l’opportunità a qualsiasi brava persona di adottare.
Non ci sono, signore, categorie migliori o peggiori di altre. Una coppia omosessuale è in grado di dare lo stesso amore di una coppia eterosessuale. Oppure no. Parliamo di persone, una volta tanto. Non di modelli perché la sfido a trovare un solo studio, ovviamente che non sia portato avanti da estremisti religiosi, in cui si dica che i figli delle coppie omosessuali hanno problemi o conflitti diversi da quelli delle coppie eterosessuali.
E glielo dico da persona estremamente legata alle teorie Latouchiane sulla decrescita, da uomo che non desidera, per sentirsi padre, un figlio o una figlia con i propri lineamenti. Glielo dico da uomo che vorrebbe poter adottare per poter aiutare una bambina o un bambino.
Punto.
Ci sono pessimi omosessuali, signore, così come ci sono pessimi eterosessuali, e il contrario, anche. Ci sono ottimi omosessuali e ottimi eterosessuali. Non si dovrebbe utilizzare l’adozione come mezzo dietro cui celare i propri pregiudizi.
Peccato che un insegnante come lei non lo abbia capito.
Marino Buzzi


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