La Chiesa è davvero contro la mafia? Una domanda che riecheggia nelle sacrestie di mezza Italia e in particolare della Calabria. Ma la condanna di Papa Francesco nei confronti della ‘ndrangheta non sembra ancora servita a molto
Domenica scorsa la processione della madonna del Carmine a Palermo si fermava davanti all’agenzia di pompe funebri della famiglia del capomafia Alessandro D’Ambrogio, uno dei nuovi capi carismatici di Cosa nostra. I boss è rinchiuso nella sezione “41 bis” del carcere di Novara, ma è come se fosse ancora lì. E la processione gli ha reso omaggio, come è successo altre volte e in altre parti del sud Italia. Particolarmente significativi sembrano i casi riguardanti quell’organizzazione mafiosa silenziosa, e fino a pochi anni fa pressoché ingorata dai media, che oggi è una delle più potenti a livello internazionale. La ‘ndrangheta.
Leggendo la cronaca degli ultimi mesi si possono rintracciare i numerosi attestati di stima rivolti a Don Rustico, il parroco calabrese di Oppido-Mamertina, ormai famoso per aver partecipato alla processione in cui la statua della Madonna ha compiuto un inchino di fronte alla casa del boss Giuseppe Mazzagatti, provocando l’abbandono della processione stessa da parte dei carabinieri. Non contento, il prete ha perfino ordinato durante una sua omelia di “prendere a calci e cacciare” un giornalista de Il Fatto Quotidiano che, per inciso, ora è sotto scorta per “pericolo imminente”. In quel caso i porporati di Calabria si schierarono subito dalla parte del giornalista con dichiarazioni di solidarietà a catena ma nel concreto per ora non si è potuto notare alcun sostanziale cambiamento in quanto il parroco stesso è ancora al suo posto. In risposta i fedeli si sono schierati con il povero pastore di anime con lettere ai giornali locali inondando anche i social network, prova ne è la pagina Facebook e il sito internet nati dopo i fatti narrati.
Continuando la serie troviamo un altro episodio che può fotografare i frammenti di una cultura strettamente legata alla Chiesa e alla famiglia. Ci si deve spostare oltre l’Aspromonte nel capoluogo Reggio Calabria, dove l’assoluzione di Don Cannizzaro - accusato di aver dichiarato il falso in un procedimento penale contro la cosca per avvantaggiare il boss del quartiere Condera – ha visto festeggiare i reggini con tanto di fuochi d’artificio nel paese. I caroselli per le vie della periferia Nord di Reggio Calabria erano sì per l’assoluzione, dovuta a prescrizione del Don, ma sopratutto per l’assoluzione di tutta la ‘ndrina di Sandro Crucitti. Ancora una volta Chiesa e famiglia assieme, in una continuità che ha compiaciuto una parte di Calabria, ma che ne ha indignata anche un’altra, come dimostra il comunicato del coordinamento reggino di Libera.
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