La testimonianza del Presidente della Repubblica al processo Stato-Mafia non incide come dovuto. Riconosciuto invece l’aut-aut che i corleonesi imposero allo Stato
Che l’esame del teste Giorgio Napolitano potesse aiutare la comprensione degli avvenimenti successivi alle stragi e far luce sulla trattativa Stato-Mafia era oggetto di dibattito da mesi. Peccato che la testimonianza del Presidente abbia avuto non poche imprecisioni. Avvenuta in Quirinale il 28 ottobre, ha consegnato uno spaccato della realtà del tempo ma ancor più ha tracciato meglio i contorni di una vicenda, che ad oggi ha poche luci e tante ombre.
L’ammissione della testimonianza da parte della Corte di Palermo, infatti, è dovuta alla lettera inviata il 18 giugno 2012 dal magistrato Loris D’Ambrosio, ex collaboratore di Giovanni Falcone, al Presidente della Repubblica, con cui consegnava le sue dimissioni da consigliere giuridico. Il motivo? Le intercettazioni di telefonate tra lui e l’ex ministro degli Interni Nicola Mancino uscite su diverse testate giornalistiche. Ma al di là della richiesta di dimissioni, in un passaggio ormai famoso la lettera faceva riferimento all’ipotesi di D’Ambrosio di essere considerato soltanto “un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi”.
Nella sua deposizione Napolitano, anche se non direttamente, ha posto il vincolo di riservatezza delle conversazioni almeno in due occasioni, tralasciando dettagli sul rapporto con D’Ambrosio. Rapporto descritto come semplicemente professionale, rispondendo negativamente alle supposizioni dell’accusa che chiedeva se ci fosse stato un rapporto anche extra lavorativo. Un altro problema non indifferente che ha condizionato parte dell’esame è stata la poca memoria e preparazione del Presidente nel ricordare gli eventi della stagione ’92-’93 in cui ricopriva il ruolo di presidente della Camera dei Deputati. In un passaggio della deposizione lamenta la richiesta di «una memoria che farebbe impallidire Pico della Mirandola».
Sembra che il presidente si sia preparato a rispondere a domande inerenti la lettera di D’Ambrosio e non al clima di quegli anni. Considerando l’età avanzata del teste, si può anche ragionevolmente comprendere la mancanza di memoria su eventi così lontani, che però potevano essere approfonditi meglio.
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