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Magazzino di porte. Viaggio a puntate nella storia dei serramenti.
Creato il 21 marzo 2011 da Sigegold @sigegoldNel repertorio non potevano mancare esempi dell’antichità. Capita spesso che le epoche più remote largamente stimolino il contemporaneo, sia sotto il profilo di un salutare azzeramento di tutte quelle sovrastrutture e convenzioni che il tempo ha via via accumulato, sia, talvolta, per il pathos che sistematiche esplorazioni o scoperte inattese hanno prodotto sulle mode.
Gli esempi di porte dell’antichità non sono moltissimi a dire il vero, né almeno immediatamente, motore di troppe possibili riproposte. Se l’Egitto antico si dimostrerà più tardi progettualmente fertilissimo, il contatto diretto con i musei del Cairo, di Parigi o di Torino, non sembra fornirci materia di studio sulle porte.
Caso analogo, anch’esso più fertile nelle fantasie del Settecento, ma sterile nell’immediato dei reperti originali, è quello della civiltà degli Etruschi. Quanto si conosce, identifica fascinose porte urbiche, o perfino urne a forma di casa ove l’ingresso, il portale ha grande importanza, ma dove la chiusura lignea non ha rilievo. Come nella celeberrima urna “a Palazzetto” in pietra calcarea del Museo Archeologico di Firenze, dove al bel portale bugnato e al ricco impaginato del prospetto non corrisponde un visibile disegno della porta.(...) Direttamente e indirettamente assai promettenti i casi di Ercolano, di Pompei, di Oplontis e, tra tante antiche civiltà, generalmente l’architettura di Roma antica. Gli spazi domestici, con le pitture che li decorano e che contemporaneamente li rappresentano, sono a tutt’oggi di così fascinoso impatto, che devono essere sottolineati, anche se tali dipinti murali forniscono forse più materia alla decorazione parietale che non suggerimenti per il disegno della porta.
Il caso che sembra più interessante è di recente acquisizione, ad Oplontis la grande villa cosiddetta di Poppea, offre significative vestigia monumentali, decorazioni illusionistiche, prevalentemente eseguite nel II, nel III e nel IV stile, che coprono ad affresco intere pareti dell’atrio, del calidarium, del tepidarium, del salone, del triclinium, del cubiculum.
Spettacolari decorazioni tese a dilatare lo spazio con prospettive architettoniche ispirate allo stile ellenistico barocco e a scenografie teatrali, con alcuni esempi di porte e di portali dipinti e generalmente scansioni di pareti e di motivi decorativi che sicuramente potenziano un influsso fortunatissimo negli ultimi due secoli nell’allestimento degli interni e forse candidabile per un ulteriore attuale ripensamento. Complici le odierne possibilità della decorazione e della riproduzione di pareti o di interi ambienti, fiduciosi nella possibilità di una reinterpretazione progettuale, il caso di Oplontis ci sembra insomma meritevole di segnalazione.
Urna a “palazzetto”, II sec. a. C., Firenze, Museo archeologico
Boscoreale, Pompei, villa di Publio Fannio Synistore, camera da letto, 11-20 a.C.
Roma, Palazzo dei Conservatori, rilievo dell’arco di Marc’Aurelio
Ma qui ad Oplontis, ad Ercolano e a Pompei, troviamo concretamente anche delle porte lignee che conservano e tramandano a noi la forma e il corredo delle ferrature, se non il colore o le laccature con le quali erano forse trattate. I casi proposti, una bella chiusura a tre ante in una ricostruita casa di Pompei, una porticciola di servizio ancora ad Oplontis, testimoniano una modernità sorprendente: telai scorniciati e specchi lisci, per proporzioni e sobrietà di concezione, pezzi assolutamente coerenti con la misura quotidiana, con quella umanità che Michelucci, negli anni trenta, riconosceva tipica della casa pompeiana. Porte che, frutto di pialle, di scorniciatrici, già in uso nel mondo romano, e di una logica, corretta interpretazione del materiale, ci lasciano quasi interdetti di fronte ad una soluzione che vanta almeno due millenni e che invece sembra cosa di ieri.
Roma, Pantheon, la porta, part.
A. Abaco, disegno della porta del Pantheon, Firenze, Uffizi, Gabinetto Disegni e Stampe [54, tav. XVIII, fig. 14]; Raffaello, disegno del pronao del Pantheon, Firenze, Uffizi, Gabinetto Disegni e Stampe [54, tav. XVIII, fig. 15]; A. Desgodetz, Les édifices antiques de Rome, Parigi, 1682 [54, tav. XVIII, fig. 16]; Piranesi, vedute del Pantheon, Roma, s.d., Tav. XX [54, tav. XVIII, fig. 17]
Sul mondo romano è naturalmente possibile estendere le ricerche, in più direzioni e in più luoghi. Le porte bronzee rappresentano tuttavia un sicuro caposaldo in una ideale storia della porta. Evidentemente non per il numero degli esemplari giunti fino a noi. Nel repertorio delle Porte artistiche in bronzo degli edifici religiosi e civili in Italia dall’epoca romana fino ad oggi, curato dal Pozzi nel 1903, si propongono infatti solo tre casi importanti: la porta della basilica di San Giovanni in Laterano e quella del Pantheon, ambedue del primo secolo, e la porta del Battistero di San Giovanni in Fonte del terzo, cui si può aggiungere, provenienti ancora da Ercolano e Pompei, databili dal 63 al 79 d.C., una serie di battitoi, di borchie, di maniglie, di catenacci, di chiavi e guarnizioni di vario genere. Un caposaldo, la porta del Pantheon, ingresso della più celebre e influente delle architetture del mondo occidentale, per via della scansione degli specchi e della forma del basamento, per il disegno delle cornici (della gola dritta del telaio e di quella più sottile di una sorta di passe-partout nello specchio centrale).
Porte di bronzo del Pantheon, Codice Destailleur, f. 6, Berlino, Staatliche Museum Preussicher Kulturbesitz [54, tav. VII]
Roma, Pantheon, la porta
Prescindendo dalle borchie, dalla foggia della chiodatura e dalla sua evidente funzione di protezione del tempio dedicato a Cibele madre di tutti gli dei, le due ante del Pantheon, possono insomma interessare come prototipo, ed essere rivisitate e riconsiderate per la forma del grigliato superiore, per un ragionamento sulle proporzioni; un interesse che, esteso all’intero impaginato della parete, al sovrapporta e alla cornice esterna, pone questa porta eternata nel bronzo, sullo stesso piano dell’edificio sovrastante, ovvero quale modello assolutamente influente per i due successivi millenni.
Mauro Cozzi
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