Magazine Cultura
Ho avuto il privilegio di passare alcune ore con una decina di giovani donne… un sabato mattina, un po’ fuori dalla routine, con un obiettivo “lavorativo” ben preciso, che ho affrontato/condotto secondo le mie radicate convinzioni, legate alle esperienze di una vita, che mi portano a pensare, tra le altre cose, che il pieno coinvolgimento di uomini e donne conduca verso frutti insperati, che alla fine genereranno una totale soddisfazione. Alla fine del percorso formativo ho quindi proposto una sorta di esercitazione che aveva come fine il dimostrare l’enorme importanza del lavoro in team, qualunque sia l’attività che ci apprestiamo ad affrontare. Una mezz’ora conclusiva … inusuale. Per stemperare l’atmosfera, avendo la certezza di trovarmi davanti le persone giuste, ho proposto la storia, un po’ romanzata, di Claire Torry, la vocalist protagonista del brano “The Great Gig in the Sky”, tratto dall’album The Dark Side of the Moon, dei Pink Floyd, raccontando tutto ciò che si immagina possa essere accaduto quel giorno, aggiungendo i dati oggettivi successivi (successo della musica, mancato riconoscimento dei meriti di Claire… ). Dopo la premessa ecco apparire sulla parete il famoso prisma e … la Musica va in scena. Silenzio di tomba. Finisce il brano, e ciò che propongo è il lasciarsi andare, il rovesciare su carta le emozioni provate, ma singolarmente, senza alcuna contaminazione del… vicino di banco. “Provate a passare le emozioni dall’intimo alla carta, cercando di spiegare la musica ad un esterno, utilizzando le parole.”. Dopo pochi minuti, fatti di concentrazione reale, ogni partecipante si esprime… scende qualche lacrima, cade qualche paura e l’atmosfera che si crea accomuna i presenti… e già questo rappresenta un punto nodale: la Musica dei Pink Floyd è magica, ma forse è il feeling che si è venuto a creare che produce un po’ di benessere! La seconda fase prevede un nuovo ascolto e la riproposizione del compitino, una sorta di recensione, che questa volta andrà fatta realizzando piccole squadre, per provare a dimostrare la maggior organicità che ottiene il gruppo rispetto al singolo. Ma l’unità di intenti era già in corso, e non era necessario provocare e stimolare la razionalità di cui sono certo sarebbero state capaci. Nella realtà dei fatti, obbligare a riassumere le emozioni, dando loro una logica, era una forzatura, ed il prisma che tutti avevano davanti agli occhi, capace di scindere il fascio luminoso in tanti differenti colori, era il massimo della sollecitazione e didattica possibile: ma c’è sempre un lato oscuro e ognuno ha tirato fuori il suo. Qualche pensiero random… Pensieri che arrivano improvvisi: Il pianto davanti ad un quadro meraviglioso… L’emozione di sentire una voce in una canzone che ti entra nell’anima… Un gabbiano sulla spiaggia… Il terrore negli occhi di una gazzella che fugge da un leone… La paura di un bambino che rimane da solo… L’amore di una mamma… La perdita di un caro… Il cielo stellato… Gioia e dolore…
La conclusione dell’esperimento mi viene suggerita per iscritto: “Il lavoro di squadra, dal punto di vista emozionale, non ha funzionato! Rimandiamo quindi alle singole recensioni”. Permettetemi di obiettare… ho visto una grande, grandissima squadra al lavoro!
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