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Magic in the the moonlight – La magia aldilà di ogni certezza.

Creato il 10 dicembre 2014 da Thefreak @TheFreak_ITA

«Può darsi che nel mondo non vi sia alcuno scopo, ma di certo c’è una qualche magia».

Dopo Midnight in Paris, Woody Allen torna in Francia col Magic in the moonlight: nella Berlino del 1928 l’illusionista cinese Wei Ling Soo, sotto i cui panni si cela l’inglese Stanley Crawford (Colin Firth), riceve la visita di un amico che lo prega di smascherare una sedicente sensitiva, Sophie Baker (Emma Stone), la quale vive in Provenza e sembra intenzionata a raggirare una famiglia di ricchi americani. Il colto e cinico mago si spaccia per un uomo d’affari e tenta di rivelare le vere intenzioni della giovane e bella Sophie con l’aiuto della razionalità, ma, complice un romantico cielo stellato, scoprirà a sue spese che non tutto è comprensibile a questo mondo …

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L’infaticabile e quasi ottantenne Allen si serve ancora una volta di un elemento a lui caro, come la magia (protagonista di molti altri suoi film precedenti, da ultimo Scoop, uscito nel 2006 ed interpretato da Scarlett Johansson e Hugh Jackman), per trasportarci nell’epoca fitzgeraldiana del jazz: tra costumi retrò, decappottabili e fiumi di champagne, gli spettri della crisi economica e del Nazismo sono ancora lontani dal venire.
Dopo la canzone iniziale You Do Something To Me di Cole Porter, l’azione si sposta nel sud della Francia, così, sullo sfondo di una meravigliosa fotografia (di nuovo nelle mani di Drius Khondji), nella quale spiccano sfondi e colori spesso volutamente sfocati, la trama si dipana piacevolmente nei delicati ed ironici duetti tra i due protagonisti. Colin Firth riconferma il suo british allure dando vita ad un personaggio mai banale, nel quale riecheggia il distacco e l’alterigia del Mr. Darcy che lo ha fatto conoscere al grande pubblico con la serie Orgoglio e pregiudizio, ma anche i mille dubbi e le insicurezze che gli hanno valso l’Oscar e, se possibile, ce lo hanno fatto amare ancora di più, ne Il discorso del re. Emma Stone è accarezzata dalla macchina da presa con primi piani che fanno risaltare i suoi occhi (motivo di confusione e distrazione anche per il superbo Stanley) e l’incarnato chiaro, e sembra aver preso il posto che una volta era appartenuto a Scarlett Johansson come musa di Allen, il quale l’ha già “prenotata” per il suo prossimo film, nel quale reciterà anche Joaquin Phoenix.

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Pregevole e ben strutturata, questa commedia trova il suo fulcro nelle posizioni apparentemente inconciliabili di Stanley e Sophie: se lui, nonostante l’incrollabile razionalità si ritrova ad ammettere la propria paura per la vastità dell’universo e il segreto desiderio di essere battuto nelle sue opinioni da qualcosa di inspiegabile, lei rappresenta tutto quello che di opposto c’è alla logica, e forse quel qualcosa di ineffabile che Stanley così ardentemente desidera, è proprio nascosto negli occhi di questa dolce e simpatica imbrogliona.
Woody Allen non sembra voler smettere di far sognare i suoi fan, ma, con l’energia di un ragazzino che muove i primi passi nel magico mondo del cinema, ci accompagna ancora una volta nel suo pianeta visionario ed ironico, incarnato perfettamente da Sophie (“E’ una visionaria e una visione”, ammette Stanley a proposito della giovane), per ricordare a chiunque si identifichi all’inizio della storia con lo scorbutico mago inglese, che l’ottimismo e la fiducia sono un ottimo antidoto alle numerose difficoltà della vita, e che la prova che il soprannaturale esiste ce la dà il sentimento più misterioso di tutti: l’amore.

A cura di Ilaria Pocaforza.


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