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Ormai ci siamo. Magico Vento è alle battute finali. La serie western bonelliana si sta avvicinando all'ultimo numero: il 130 segnerà la conclusione della serie regolare, seguita poi dal primo e ultimo speciale. Gianfranco Manfredi, l'autore, ne aveva annunciato la conclusione ormai da un anno: anche se a malincuore, concordo con questa scelta. Magico Vento ha mantenuto quasi sempre un alto standard narrativo e di disegni. Il protagonista ha compiuto un percorso che ha cambiato la sua vita. Si sta raggiungendo una giusta fine della storia che evita un inutile prolungarsi con cadute di contenuti comuni ad altre serie bonelliane.
Devo dire che le avventure dell'ex giacca blu Ned Ellis, divenuto poi sciamano dei Lakota, non mi hanno entusiasmato subito. Infatti la serie fu presentata come un horror-western e me la componente horror non piacque: d'altronde è un genere che non mi ha mai preso, tanto è vero che scambiai il numero 1 di Dylan Dog per pochi fumetti (ma qui entrano in gioco anche le mie scarse capacità commerciali...). In realtà l'horror vero e proprio c'entrava ben poco con Magico Vento: protagonisti fin da subito furono infatti le tradizioni dei nativi americani, alcune delle quali avevano una componente soprannaturale. Chiarito con me stesso l'equivoco cominciai ad apprezzare questa caratteristica della serie unita all'altra: il sapiente intreccio delle vicende private del protagonista con quelle della Storia.
Qui, secondo me, Manfredi dà il meglio di sé: annovero tra i più belli albi bonelliani che abbia mai letto, quelli relativi agli scontri sulle Black Hills tra i Sioux di Nuvola Rossa e Toro Seduto e le giacche blu del generale Crook e del generale Custer. Non ci si limita alla famosa battaglia del Little Big Horn, ma si presentano in modo interessante e completo le cause che portarono allo scontro, con tutti i movimenti precedenti e successivi dei due schieramenti in campo. Ho apprezzato molto che Magico Vento abbia compiuto una scelta ben precisa stando nettamente da una parte e combattendo con tutto se stesso. Senza retorica difende le ragioni dei nativi e ne trae coerentemente le conseguenze: di fronte al tradimento delle promesse, l'unica via è la guerra. E' una scelta dura e pesante, ma è giusta.
La stessa scelta che Manfredi fa compiere a Magico Vento anche nell'ultima saga: ormai considerato traditore dal governo degli Stati Uniti, il nostro si unisce ad una delle ultime ribellioni che videro i nativi scontrarsi con le giacche blu: quella dell'apache Victorio. Anche qui Magico Vento non si tira indietro e sta nettamente da una parte: sa che sarà quella perdente ma sa che è quella che rispetta la dignità di un popolo.
Spesso, mentre leggevo le avventure di Ned Ellis accompagnato dal suo amico giornalista Poe, ho sentito delle affinità con ken Parker: per la profondità psicologica del personaggio, per i cambiamenti che subisce nel corso della sua vita, per i temi affrontati, per i disegnatori (Ivo Milazzo ha dato il meglio di sè in alcune storie). Rimangono comunque profonde differenze: Ken è un uomo a cui è completamente estraneo il contatto con la spiritualità: Magico Vento è invece uno sciamano con molti poteri. Ken ha più dubbi e non ha per nulla una componente super-eroistica che, anche se molto raramente, compare in magico Vento.
Molti altri sono i pregi di Manfredi, come la capacità di tessere storie coinvolgenti in cui la politica dei palazzi del potere di Washington ha un ruolo decisivo, o altre dove i servizi segreti e le sette massoniche compiono i loro perfidi intrighi. Anche in questi scenari, Magico Vento e Poe si muovono a proprio agio, dimostrando che le capacità narrative dell'autore sono fuori discussione.
So long, Magico Vento! Questo è il saluto che Lungo Fucile ti farebbe nell'ultima vignetta.
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