di Enzo Vella
Maglie, monumento F. Capece (A. Bortone, 1899)
La strutturazione urbana del centro di Maglie è caratterizzata da una certa armoniosità e da una sua scenografica gradevolezza che donano una certa imponenza ed altezzosità. E sulla sua piazza, calato in maniera equilibrata, il monumento a Francesca Capece, opera del ruffanese Antonio Bortone; di cui i cittadini magliesi sono orgogliosi. Ma vorremmo anche che oltre al ricordo storico della duchessa e del suo autore, non si andasse anche verso una esaltazione acritica dell’opera scultorea. Ed è bene avere consapevolezza del periodo nel quale ci collochiamo. Siamo alla fine del 1800, e Antonio Canova, con il suo neoclassico ed il neoclassicismo, morì nel 1822. Vi è, in seguito, un fiorire di idee, una ricerca di nuove soluzioni formali; soprattutto nella pittura. Giulio Carlo Argan, nella sua “Storia dell’arte moderna”, afferma: «Alla curva ascendente che, in pittura, va dal Romanticismo al Realismo e all’Impressionismo fa riscontro, nella scultura, la curva discendente che, dal Canova, va fino al più spento e squalificato accademismo. Mai come nel secolo scorso (e nel nostro) si sono disseminate statue nelle piazze, nei parchi pubblici, nei palazzi governativi e municipali; ma alla grande quantità corrisponde generalmente la scarsa qualità. Alla ricerca artistica nella seconda metà del secolo la scultura rimane estranea: risponde a richieste ufficiali, ma a nessuna esigenza culturale». Ovviamente anche le personalità che maggiormente spiccano, quali quella di Lorenzo Bartolini, morto nel 1850, e che pure aveva cercato di staccarsi dalle forme neoclassiche modificandone l’impianto e la stessa plasticità dell’opera, non riescono ad andare oltre soluzioni retoriche rimanendo avviluppati in una struttura compositiva e volumetrica di natura accademica.
E dunque ciò accade anche allo stesso Antonio Bortone. Nato nel 1844, dopo aver dato prova da ragazzo delle sue capacità, studiò a Lecce con lo scultore e cartapestaio Antonio Maccagnani. Si recò, dopo aver ricevuto un contributo economico dalla Provincia di Lecce a Napoli e da lì, nel 1865, a Firenze, dove poté avvicinarsi allo scultore senese Giovanni Duprè e trovare fonte di ispirazione, così come altri, negli scultori toscani del Quattrocento. Ebbe modo di mettersi in evidenza, un po’ più che trentenne, all’Esposizione di Parigi, dove ricevè un premio internazionale, con l’opera il Fanfulla da Lodi, collocato poi a Lecce in piazzetta Raimondello Orsini. Ed in effetti cercò con questa realizzazione di andare un po’ oltre la tradizione sia per l’impostazione compositiva che per le soluzioni plastiche. Molte sue opere sono presenti qui nel Salento: Il monumento a Giuseppe Pisanelli in quel di Tricase, il monumento ai Martiri d’Otranto, la Vittoria alata a Ruffano, il monumento ai caduti a Tuglie, il monumento ai caduti di Calimera, a Salvatore Trinchese a Martano, il monumento a Giuseppe Garibaldi al Castello Carlo V di Lecce; a Quinto Ennio, a Sigismondo Castromediano, il monumento funebre ad Alessandro De Donno. Altre sue opere sono presenti a Biella: Il monumento a Quintino Sella; A Firenze in Santa Croce il monumento funebre a Gino Capponi; le Statue di S. Antonino e di S. Giacomo Minore insieme a due bassorilievi rappresentanti Michelangelo e Giotto per la facciata del Duomo di Firenze. Ma la sua opera oscilla tra il neoclassicismo canoviano, certa strutturazione compositiva e certe forme plastiche Quattrocentesche alle quali pure in quel periodo ebbero a guardare molti scultori della metà dell’Ottocento e un certo verismo di sapore bartoliniano al quale il Bortone dovette rifarsi, oltre che all’impronta verista del Duprè che, si può dire, sia stato suo maestro. E tutte queste sue caratteristiche si ritrovano nel monumento a Francesca Capece situato sulla piazza di Maglie! D’altronde, la composizione di questa opera, con la sua monumentalità estremamente armoniosa ed equilibrata racchiusa in una forma pentagonale ma anche ben lontana dall’equilibrio dinamico del Fanfulla da Lodi, rende evidente una impostazione di natura accademica. Si noti anche il fanciullo che la duchessa ha accanto e sul quale – al di là di valutazioni psicologiche – allunga il braccio sulla spalla: si ha l’impressione, non tanto per le fattezze del viso, quanto per l’impostazione e la sinuosità della figura che il Bortone si sia rifatto al David di Donatello; inoltre certa plasticità della figura non può non ricordare il Canova! Così come canoviane appaiono alcune delle morbidezze dei panneggi. Ed appare vero che la duchessa non debba essere stata un monumento di bellezza ma alcune durezze ed asperità del viso, oltre che all’aspetto fisico, devono addebitarsi alla inclinazione verso il verismo del Bartolini e del Duprè. Insomma quello del Bortone fu uno stile estremamente eclettico, una mescolanza di stili risolti anche in maniera misurata, aggraziata, armoniosa; Egli tuttavia non riuscì né volle apportare nella scultura, anche a causa di una sua natura conservatrice, sostanziali innovazioni ritenendo le nuove tendenze fugaci e transitorie.
Morì a Lecce nel 1938 e nuove esperienze di già erano state portate avanti: si pensi a Vincenzo Gemito, a Medardo Rosso, a Umberto Boccioni per rimanere nel campo della scultura; e nella pittura, aperta a soluzioni più avanzate, si ricordino i nomi di Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Pelizza da Volpedo. Erano già nati i Macchiaioli, l’Impressionismo. Una curiosità: Il Bortone realizzò, chissà, forse per riconoscenza, il monumento funebre a quell’avvocato Alessandro De Donno, massone, morto nel 1901 e che tanto si era speso per togliere ai Gesuiti l’eredità della Capece; contemporaneamente aveva sfilato anche al Comune la stessa eredità facendo costituire appunto l’Ente Autonomo F. Capece. E fu sempre il De Donno che si battè anche per la realizzazione del monumento alla Capece facendo in modo che fosse assegnato al Bortone, anziché al Mangionello per motivi politici. Infatti i repubblicani ovvero i De Donno, massoni, non erano ben visti e il Mangionello votava per i Vallone di Galatina. V’era dunque una affinità politica e culturale conservatrice fra il Bortone e il De Donno. E anche in virtù di questa tradizione, forse, ancor oggi Maglie continua a restare sia politicamente che culturalmente una città fondamentalmente conservatrice.