Magazine Diario personale

Magliette

Da Lacocchi @laCocchi
"E ma sono secoli che non scrivi." "Tanto ormai non scrivi più." "Ah, ma il blog? Era bello. Poi sei sparita."
Lo so. So che sono sparita. So che sono secoli che non scrivo. So anche che forse ho perso per strada l'unica dote per la sopravvivenza, il sarcasmo. So anche che forse ormai non scrivo più.
Il perché non lo so. Le cose cambiano. Io sono cambiata. Ho fatto molte cose noiose nel corso del 2015 che non mi andava di condividere. Non mi andava di raccontare a nessuno come mi sia sentita fuori luogo, sola, scema, perché non avere un visto in un paese dove sei effettivamente un'immigrata ti fa sentire così, scema. Nonostante tu scema non lo sia. Nonostante tu di cose ne abbia fatte. Scema. Non mi andava di raccontarvi che, nonostante io sia innamorata, a volte la situazione scappa via dalle dita e non si può vivere di solo amore, perché il cervello è sempre lì a dirvi cose, devi trovarti un lavoro decente, devi fare cose, devi, devi.
Non mi andava di farvi sapere che, per la prima volta dopo anni, non sapevo come prendere in mano i fili della mia vita. Da che parte tirarli. Come aggiustarli. Quale tirare di più, quale tirare un po' di meno. Non mi andava di farvi sapere che, tutto d'un tratto, ho smesso di capire come indossare la maglietta della mia vita.
La mia maglietta è sempre sembrata bella. Tipo una di quelle magliette che vi comprate certi che un giorno sarà la vostra preferita: colore perfetto, vi cade bene sulle spalle, ha un disegno stupendo e sì, avete fatto proprio un bell'acquisto.
Poi un giorno ve la infilate, e vi sta stretta. Stretta che tipo non riuscite a entrarci con la testa, e allora allargate il collo. Poi vi sedete e vi accorgete che porca miseria vi sta anche corta, e quando vi sedete si vede il culo, e allora la tirate, la tirate avanti, di dietro, la tirate sui fianchi e sentite quei piccoli crac delle cuciture che cedono, e pensate speriamo che non si buchi, quand'è che sono ingrassata?
Cercate di allargarla quel tanto per riuscire almeno a respirarci dentro. Perché voi in quella cazzo di maglietta ci volete entrare a tutti i costi. Perché voi quella maglietta la volete mettere nonostante vi si veda il sedere e nonostante vi stia stretta sul collo. Voi volete che quella maglietta vi stia perfettamente.
Questo è quello che ho provato nell'ultimo anno in Australia. E' stato come indossare una maglietta che non mi stava. Che non stava sulla mia vita. Nonostante io cercassi in tutti i modi di farmela stare perfettamente. Nonostante tutti i miei sforzi per cercare di allargarla.
Ci vuole tempo, mi hanno detto. Perché l'Australia è così diversa dall'Europa. Perché gli australiani sono strani. Perché spesso mi sento di non appartenere a nessun luogo. Perché i miei amici non sono qui. Perché perdo momenti importanti della vita delle persone che sono sempre state con me.
Perché non sono capace di dipendere da qualcuno. Perché non ho mai avuto bisogno di nessuno per sopravvivere in una città, e qui mi pare di aver sempre bisogno di qualcuno a cui appoggiarmi, attaccarmi, stringermi.
Perché sono sempre riuscita in qualche modo a riderci su, anche nei momenti bui. Perché all'improvviso non sono stata più capace e non ho più voluto raccontare nulla a nessuno. Sto bene. Tutto ok. Mentre cercavo di strappare quella cazzo di maglietta.
Ora ho capito. Allargo la mia maglietta un pochino alla volta, perché una parte di me sa che starò qui per un po'. E perché la parte di me che sa adattarsi mi dice adattati, allarga, sorridi. Sii felice. Non sei scema.
La maglietta si sta allargando, comincia ad adattarsi di nuovo alle mie spalle. Ogni tanto ci dormo così da sentirla più mia. Ogni tanto vorrei solo metterla e salire su un aereo, ma le cose non si risolvono mai scappando.
Le magliette, ogni tanto, vanno solo indossate con gentilezza.

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