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Magneticum, la matrice del cosmo

Creato il 22 ottobre 2015 da Media Inaf

Non è ancora Matrix, ma sono sulla buona strada. Astrofisici e informatici del progetto Magneticum Pathfinder (cliccate e muovete il cursore sul sito, vale più di mille spiegazioni) hanno realizzato al computer una ricostruzione senza precedenti dell’evoluzione del cosmo: una simulazione idrodinamica della distribuzione a larga scala della materia visibile presente nell’universo, tenendo conto anche di materia ed energia oscura. Dall’aggregarsi del gas primordiale a formare le prime stelle fino all’emissione d’energia dai buchi neri, passando per fenomeni come il vento stellare, le esplosioni di supernove e la conseguente sintesi d’elementi chimici, il team guidato da Klaus Dolag, della Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco, ha simulato tutto ciò che di “corposo” può ragionevolmente accadere in una porzione cubica d’universo da 12.5 miliardi d’anni luce di lato.

Un volume pazzesco, mai preso prima in carico da una simulazione cosmologica, almeno non con la risoluzione raggiunta di Magneticum Pathfinder: parliamo di ben 180 miliardi di elementi, ognuno con le sue proprietà fisiche pigiate ben bene in 500 byte di dati. Per farli interagire, Dolag e colleghi hanno messo al lavoro gli oltre 86 mila processori di SuperMUC per un totale di 25 milioni di ore di tempo cpu, sfornando nell’arco di due anni la bellezza di 320 terabyte di dati scientifici. Uno sforzo enorme, sia in termini di calcolo sia di progettazione del codice e messa a punto dei modelli astrofisici, portato avanti da una collaborazione internazionale della quale fanno parte anche ricercatrici e ricercatori degli osservatori INAF di Trieste e di Bologna.

Ma ne è valsa la pena: quei 320 terabyte d’universo simulato hanno un valore scientifico inestimabile, soprattutto se usati in modo complementare rispetto alle survey cosmologiche effettuate sul campo dai satelliti spaziali. Senza timore d’esagerare troppo, potremmo dire che Magneticum Pathfinder ha fatto nel silicio quello che Planck ha fatto in L2, come testimonia la serie di articoli scientifici (vedi elenco alla fine) di prossima pubblicazione derivati proprio dai suoi dati.

«Si tratta di un lavoro eccellente: Magneticum Pathfinder ha permesso per la prima volta di simulare un volume di universo sufficientemente grande (dell’ordine dei diversi miliardi di anni luce) per poter comparare i risultati di una simulazione numerica con i dati reali acquisiti dalle grandi survey da terra e da spazio, come quella del satellite Planck», spiega Daniela Paoletti, ricercatrice postdoc all’INAF IASF di Bologna, alla quale abbiamo chiesto un commento. «Ma a essere eccezionale non è solo il volume: questa simulazione è infatti dotata anche di un’eccezionale risoluzione, che permette di studiare nel dettaglio non solo la struttura su grande scala dell’universo, ma anche i singoli ammassi di galassie e le loro caratteristiche, i conteggi e la morfologia delle singole galassie, nonché perfino il loro contenuto in gas e stelle. La fisica inclusa nella simulazione tiene conto di numerosi effetti fisici e segue l’evoluzione della materia (oscura e visibile), includendo anche la formazione e l’evoluzione di stelle e buchi neri supermassicci e il loro feedback nella formazione delle strutture, che si è rivelata fondamentale per riprodurre l’universo attuale».

«Tutto ciò ha permesso, per esempio, di simulare una mappa precisissima dell’effetto Sunyaev–Zel’dovich prodotto dagli ammassi di galassie sulla radiazione di fondo cosmico a microonde», aggiunge Paoletti, riferendosi a uno degli articoli in uscita basati su Magneticum Pathfinder, firmato fra gli altri niente meno che dallo stesso Rashid Sunyaev, vale a dire la ‘esse’ dell’effetto SZ. «Questa mappa simulata si è dimostrata in accordo con quella misurata dal satellite Planck, mostrando come siamo ormai al livello in cui con una simulazione numerica possiamo riprodurre l’universo reale nel più preciso dettaglio».

«Con Magneticum Pathfinder», conclude Paoletti, «si apre l’era in cui primordiale e attuale, lontano e locale, si toccano. Partendo da un modello per l’universo primordiale siamo ora in grado di seguirne l’intera evoluzione, come in un film, fino al nostro universo locale. Riuscendo soprattutto a confrontarne i risultati con i dati delle grandi survey, e a studiare la verosimiglianza del modello adottato».

Per saperne di più:

Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Malaspina


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