di Marta Riccobono
Da quando mi sono laureata invio in media due curriculum al giorno. E sono laureata da tre mesi. Ormai il mio numero di telefono ce l’ha mezza Palermo e fluttua indisturbato nel mare magnum della rete, ché se a un hacker maniaco gli afferrano i cinque minuti mi comincia a tempestare di telefonate sconce. Al momento, però, non mi richiamano manco i maniaci.
Ora voi penserete: capace che questa è laureata in Scienze della comunicazione e si candida per posti da ingegnere nucleare, e si lamenta pure se la schifìano. No, ve lo giuro, io ho coscienza dei miei limiti. Gli unici annunci a cui rispondo sono quelli per fare le promozioni nei supermercati, la hostess nelle profumerie, la spartivolantini strade strade: cose semplici, va’. Siccome sono pure una persona onesta, evito di rispondere agli annunci dove è richiesta esperienza: ok che ho fatto la giornalista e l’animatrice sociale e la responsabile del personale ad un convegno e la hostess per la pro loco, ma volantini non ne ho mai divisi e quindi ammetto di non essere la candidata ideale. C’è gente con anni di esperienza alle spalle, che faccio? Arrivo io e ci futtu u travagghiu? Non sia mai!
Però qua il problema è che il mio curriculum non se lo fila nessuno, manco quei santi cristiani che da bravi padri di famiglia si prendono il pensiero di formare il personale, al fine di istruirlo come si deve per propinare assaggi di ovetto kinder fondente all’ipercoop, lavoro per il quale si verrà pagati un centinaio di euro lordi dopo circa 60 giorni dalla fine della collaborazione. Collaborazione che è durata due giorni, manco il tempo di digerirlo l’ovetto kinder.
Sono mesi che mi arrovello, che leggo e rileggo il curriculum alla ricerca di un punto debole, di quella cosa che fa dire ai responsabili delle risorse umane: “questa qua non fa per noi”. E ora forse l’ho capito qual è il problema: la presenza. Collazionando (perdonatemi il termine, ma Unipa mi ha laureata filologa, possiedo un consistente bagaglio di lessico inutilizzabile) i diversi annunci, mi sono accorta di quella formula ricorrente: “si richiede bella presenza”. In alcuni casi compare una variante, che pare cosa da poco ma è significativa: “è richiesta BELLISSIMA presenza”. Deve essere questo il requisito che mi fotte. Ora però me lo dovete spiegare che significa “bella presenza”. Capelli biondi e occhi celesti? Un metro di gamba? Taglia 38? Capello piastrato attipo filoncino prosciutto e mozzarella? Parlate chiaro, almeno mi metto il cuore in pace. Ho sempre creduto che il concetto di “bello” fosse relativo. Ci sono donne a mio parere molto belle che però indossano la 46 e donne-grissino che – sempre a mio parere – un si ponnu taliari eppure sfilano per Dolce e Gabbana. Evidentemente la mia presenza non è abbastanza bella per la promozione dell’ovetto kinder, e dire che nella mia vita c’è stato chi ha più volte sostenuto che me la portavo buona. Gli apprezzamenti migliori, si deve riconoscere, li ha sempre ricevuti il mio culo. Quindi mi sa che cambio strategia: al prossimo annuncio a cui rispondo, al posto di allegare una foto a figura intera presa da davanti, ne allego una presa da dietro. Poi aggiungo in nota: “E comunque dal vivo sono meglio”. Voglio vedere se non mi richiamano per un colloquio.