Osservo le case ascoltando la Prima Sinfonia di Mahler. I primi due movimenti scivolano veloci e così anche i miei pensieri. Un cortile, una volta a me familiare, poche abitazioni, un campanile. Tutto appare silenzioso nel frastuono del mio girovagare. Il terzo movimento, prima grave, solenne e poi, d'un tratto, allegro, sprezzante, risveglia la mia attenzione: i contorni acquistano colore e la gente dentro le case, sebbene nascosta, mi appare nel proprio essere.
Ecco una famiglia intenta a terminare una partita a carte. Un bambino addormentato. I suoi fratelli più grandi che ancora giocano con i doni ricevuti per Natale. Ecco un anziano, solo, che ripensa alla gioventù come se percorresse le sale di un museo. A tratti grave, d'improvviso allegro. I suoi amori lontani, le sue gioie, ogni frammento di un'esistenza volta al termine, tutto sullo sfondo opaco di un'amarezza senza parola, come quella accennata dagli archi nella sinfonia.
I colori tenui, abbagliati da poche luci, stingono nel contorno incerto della notte. La musica fluisce, i più piccoli già sognano. E la vita, incapace di comprendersi, seguita nel suo cammino senza stelle.
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