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Surreale, ossessivo, molteplice e pacchiano: è il 1974 e il solito, grasso, pazzo, mastodontico Ken Russell arriva a Cannes con Mahler, film che idealmente precede Listzomania e accompagna The music lovers, biografie -alquanto figurative, diciamolo- dei grandi Listz e Cajkovskij. Il barocchissimo Russell è sempre grande, ma sovra-esposto; potente, ma strabordante di allusioni nemmeno lontanamente velate. Regista impassibile alle smorfie e torreggiante nell'underground inglese, è sempre alle prese con le luminose, ellittiche trasfigurazioni degli infiniti del genio. Che son sempre numerosi. Impossibili. E imperfetti.