Nel 1967, uscito vittorioso dalla Guerra dei 6 Giorni, Israele allargava ulteriormente i confini e il suo esercito sarebbe arrivato fino al Cairo se l’Unione Sovietica (che all’inizio della guerra aveva accolto con favore l’aggressione dei paesi circostanti mettendo il veto a un intervento pacificatore dell’ONU), non avesse minacciato la III Guerra Mondiale se l’esercito israeliano non avesse fatto subito marcia indietro. Una risoluzione dell’ONU ingiungeva a Israele di lasciare i territori occupati tornando ai confini anteriori al 1967, e anche in questo caso per Israele si è fatta un’eccezione, perché da che mondo è mondo, alla fine di una guerra ognuno si tiene i territori occupati al momento del cessate il fuoco. Israele non ha reso i territori e molti hanno pensato che la causa principale della crisi del Medio Oriente fosse la terra.
Invece no. La terra era un falso problema, lo era sempre stato. Un bluff. A scoprire il bluff è stato il Primo Ministro israeliano Barak nel 2000 a Camp David, quando ha offerto ai palestinesi tutta la terra che avevano chiesto. Arafat, il 'laico" capo dell‘OLP, è stato vicino ad accettare, ma le minacce di morte degli islamisti di Hamas gli hanno fatto cambiare idea. Non scorderò mai il suo sogghigno trionfante e le dita a V quando è sceso dall’aereo in Palestina al ritorno da Camp David. Che cosa credeva di avere vinto? Aveva gettato al vento l’ennesima occasione di dare una patria al suo popolo, cedendo alle pressioni di chi, per stupido bigottismo, non poteva tollerare un vicino di religione diversa. Il problema non era la terra. Il problema era che una minoranza di palestinesi non voleva il proprio Stato, per non dover riconoscere uno Stato non islamico ai propri confini e poter continuare a combatterlo. Questa minoranza ricattava la maggioranza, che chiedeva soltanto di avere una patria e vivere in pace.
Per questo la richiesta di Mahmoud Abbas all’ONU perché la Palestina sia riconosciuta come Stato ha qualcosa di eroico. Se Arafat era un codardo, Mahmoud abbas è un eroe. Lo ha detto chiaro: “Per 66 anni abbiamo gettato al vento ogni occasione di creare il nostro Stato. Abbiamo perso troppo tempo.” Sa di rischiare la vita, perché i bigotti israeliani e palestinesi cercheranno di ucciderlo. Ma con il suo gesto obbligherà tutti i giocatori a mettere le carte in tavola, scoprendo ogni bluff, denunciando chi si rimangia la parola dopo avere blaterato per anni che i palestinesi devono avere uno Stato. Ecco perché il suo sforzo disperato merita l’appoggio della comunità internazionale. Come ha detto Erdogan, di cui per una volta si può condividere il pensiero, “riconoscere lo Stato palestinese non e' un'opzione ma un obbligo.”
Dragor