Ambientato in un quartiereimmaginario di Tokyo chiamato Mahoro - da cui il titolo che suonaqualcosa come "Tada, il tuttofare (di fronte) alla stazione diMahoro" - , il film racconta la storia di due compagni di scuola che siritrovano dopo vari anni, ormai adulti, divorziati e amareggiati. Keisuke(Eita) lavora, meglio dire sopravvive, come tuttofare nel sopraccitatoquartiere, Haruhiko (Matsuda Ryūhei) è uno sbandato con alle spalle, sembra, un matrimoniofinito male, forse un figlio, forse qualche attività illecita. Lentamente efarraginosamente i due trovano una convivenza e affrontano insieme, seppur conatteggiamento diverso e a volte opposto, i vari piccoli problemi lavorativi chesi offrono loro. Sarà proprio attraverso l'interazione con le difficoltà, le gioie ele piccole follie altrui, che i due troveranno il modo di sostanziarenuovamente la loro amicizia.Le premesse per un buon film,anche in termini di successo, c'erano, a partire dal romanzo di Miura Shion,vincitore del Naoko Prize 2006 e successivamente best seller con oltre 500.000copie vendute. I due protagonisti, sono piacenti ma, a differenza di molto lorocolleghi coetanei, anche non stupidi. Eita vanta, fra l'altro, titoli come Dear Doctor, Ichimei e Ōshikamura sōdōki, nonché l'intenso drama Soredemo, ikite yuku; Matsuda Ryūhei haesordito addirittura in Gohatto diŌshima Nagisa e si è visto in vari titoli, fra cui Kanikōsen, Boys on the rune Akumu tantei. Per non dire poi del regista, ŌmoriTatsushi, che è passato alla regia nel 2005 subito con un film "d'autoreestremo", quel Gerumaniumu no yoru (Whispering of the Gods) che èentrato in varie classifiche dei migliori film dell'anno. Eppure,nonostante tutto ciò, il lavoronon decolla o,meglio, la tensionedrammatica non raggiunge mai i livelli sperati. Il fatto che, attraverso i variimpieghi, i dueprotagonisti entrino in contatto con una umanità variegata, talvoltafastidiosa, talvolta commovente, e si sentano spinti a tentare di risolvere i problemiesistenziali dei clienti al di là del mero incarico lavorativo, poteva nonessere male ma manca completamente di incisività: l'assenza di pathos impedisceil sorgere tanto della risata che della commozione. Anche il messaggio cheviene dall'happy end - ecioè: sebbene le persone siano sempre meno interessate l'una all'altra, lafelicità si può trovare e si può riprodurre in vari modi anche nonconvenzionali -,non dice granché. Al pari dell'altro recente film di Ōmori, Kenta to Jun to Kayochan no kuni (A Crowdof Three) del 2010, queste storie minimali di giovani alla ricerca di assettiaffettivo-esistenziali non tradizionali, non riescono a cogliere nelsegno. [Franco Picollo]
Magazine Cinema
Mahoro ekimae Tada benriken (まほろ駅前多田便利軒, Tada's Do-It-All House)
Creato il 17 febbraio 2012 da Makoto @makotosterAmbientato in un quartiereimmaginario di Tokyo chiamato Mahoro - da cui il titolo che suonaqualcosa come "Tada, il tuttofare (di fronte) alla stazione diMahoro" - , il film racconta la storia di due compagni di scuola che siritrovano dopo vari anni, ormai adulti, divorziati e amareggiati. Keisuke(Eita) lavora, meglio dire sopravvive, come tuttofare nel sopraccitatoquartiere, Haruhiko (Matsuda Ryūhei) è uno sbandato con alle spalle, sembra, un matrimoniofinito male, forse un figlio, forse qualche attività illecita. Lentamente efarraginosamente i due trovano una convivenza e affrontano insieme, seppur conatteggiamento diverso e a volte opposto, i vari piccoli problemi lavorativi chesi offrono loro. Sarà proprio attraverso l'interazione con le difficoltà, le gioie ele piccole follie altrui, che i due troveranno il modo di sostanziarenuovamente la loro amicizia.Le premesse per un buon film,anche in termini di successo, c'erano, a partire dal romanzo di Miura Shion,vincitore del Naoko Prize 2006 e successivamente best seller con oltre 500.000copie vendute. I due protagonisti, sono piacenti ma, a differenza di molto lorocolleghi coetanei, anche non stupidi. Eita vanta, fra l'altro, titoli come Dear Doctor, Ichimei e Ōshikamura sōdōki, nonché l'intenso drama Soredemo, ikite yuku; Matsuda Ryūhei haesordito addirittura in Gohatto diŌshima Nagisa e si è visto in vari titoli, fra cui Kanikōsen, Boys on the rune Akumu tantei. Per non dire poi del regista, ŌmoriTatsushi, che è passato alla regia nel 2005 subito con un film "d'autoreestremo", quel Gerumaniumu no yoru (Whispering of the Gods) che èentrato in varie classifiche dei migliori film dell'anno. Eppure,nonostante tutto ciò, il lavoronon decolla o,meglio, la tensionedrammatica non raggiunge mai i livelli sperati. Il fatto che, attraverso i variimpieghi, i dueprotagonisti entrino in contatto con una umanità variegata, talvoltafastidiosa, talvolta commovente, e si sentano spinti a tentare di risolvere i problemiesistenziali dei clienti al di là del mero incarico lavorativo, poteva nonessere male ma manca completamente di incisività: l'assenza di pathos impedisceil sorgere tanto della risata che della commozione. Anche il messaggio cheviene dall'happy end - ecioè: sebbene le persone siano sempre meno interessate l'una all'altra, lafelicità si può trovare e si può riprodurre in vari modi anche nonconvenzionali -,non dice granché. Al pari dell'altro recente film di Ōmori, Kenta to Jun to Kayochan no kuni (A Crowdof Three) del 2010, queste storie minimali di giovani alla ricerca di assettiaffettivo-esistenziali non tradizionali, non riescono a cogliere nelsegno. [Franco Picollo]
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