Magazine Diario personale

Mai disturbare il can che dorme…

Da Clarinettem

Mai disturbare il can che dorme…

No, perché poi uno, per puro caso, si ritrova a guardare Hachiko e passa la serata a piangere come una fontana. Risparmiate i fazzoletti: gli Akita, a parte quando decidono di riderti in faccia (cosa che sanno fare maledettamente bene), hanno un musetto triste/annoiato/mogio-mogio/scazzato. Ce l’hanno perché così li ha creati madre natura e non perché si sentano in raltà tristi/annoiati/mogi-mogi/scazzati.

Dimostrazione? Tre giorni prima che Argo arrivasse a casa mi sono convinta a guardare ‘sto benedetto film (“non puoi prendere un Akita se prima non guardi quel film meravigliosostrappalacrimedioquantohopiantoquandoèmortoRichardGere!”) e, da metà in avanti, ho pianto singhiozzando disperata. Mai, mai, mai, mai in tutta la mia vita avrei immaginato che potesse esistere un esserino sensibile quanto Hachi, con quel musetto triste e coccoloso, tanto in pena per il suo padrone, tanto fedele.

Ho riguardato lo stesso film qualche settimana dopo aver preso con me Argo e… niente. Nemmeno una lacrimuccia. Datemi pure dell’insensibile, ma il film gioca un sacco sulle espressioni disperate e cucciolose degli Akita, senza naturalmente dar modo di capire a chi gli Akita non sa nemmeno dove stanno di casa che non c’è niente di strano, che quel povero cucciolo non è stato maltrattato né lasciato a digiuno per quattro giorni prima di girare il film.

Sono. Così. Di. Natura.

Molto espressivi, vero. Ma quando vi guardano con quegli occhioni enormi non stanno pensando “capo, se t’avanza tempo dammi qualcosa da mangiare, ti prego, muoio di fame e solo tu dall’alto della tua bontà puoi aiutarmi”, bensì, molto più probabilmente: “sciocco umano dispensatore di cibo, è ora di pranzo, te ne sei accorto?”.

Altra cosa: gli Akita sbuffano. Ma sbuffano tanto. Si irritano. Si irritano perché non li calcoli mentre devi studiare. Si irritano perché fai avanti e indietro per raccogliere la quintalata quotidiana dei loro peli e, così facendo, disturbi la pennichella pomeridiana. Si irritano perché non sei abbastanza rapido a raccogliere la loro pupù, che loro devono continuare la passeggiata.

Sbuffano e ti lanciano sguardi simili a quello della foto qui sopra, che se potessi accedere alla pagina 777 dell’akitavideo di sicuro ti uscirebbe in sovraimpressione la scritta “‘zzo vuoi, sciocco umano dispensatore di cibo? Non vedi che sto riposando?

Tutto questo finché non decidono che è giunto il momento di tirar fuori il pagliaccio che c’è in loro. A quel punto non ci sono Santi che tengono e devono dimostrarti tuuuuuutto quello che sanno fare e tuuuuttto, ma proprio tuuuuuutto il bene che ti vogliono. E’ così che iniziano a darti la zampa destra, poi quella sinistra, poi ti portano l’osso, la palla e la pallina da tennis (sì, tutte e tre le cose insieme: l’osso in bocca e le palline mosse a suon di zampe anteriori, una roba che nemmeno Del Piero all’apice della sua forma fisica riuscirebbe a fare), quindi si buttano a terra, strisciano, addirittura qualche volta rotolano, quindi si rimettono seduti, chiedono per favore con la zampotta e così via. Finché non ti degni di prestar loro la dovuta attenzione. A quel punto, il più delle volte, si prendono quelle due coccole di cui sentivano il desiderio e poi se ne vanno e ricominciano a schifarti.

Ma sono cani fedeli. E tanto, tanto buoni e teneri e coccolosi e dolci e fantastici e affezionati e ubbidienti e, soprattutto, rispettosi del padrone.

Ora scusate, ma devo andare: è giunta l’ora del pranzo di Sua Maestà e se oso sgarrare quello mi toglie il saluto per due giorni. Alla prossima, con le mirabolandi avventure de #ilcaneargo!

[Se vi avanza un po' di tempo date un'occhiata al VERO standard dell'Akita e fatevi due risate.]


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