Accennavo alla filosofia etica nel post precedente, fuori tema e semplicemente per il gusto del titolo, ma l’argomento a cui faccio riferimento in questo di post, è davvero di rilevanza filosofica: wikileaks, ovvero quanto è eticamente giusto dire la verità. Potrà sembrare una domanda (indiretta, lo specifico per i feticisti dei segni grafici e dei punti interrogativi) retorica, ma non lo è affatto; pensiamo alla sfera privata, è unanimemente ritenuto lecito ricorrere alle bugie bianche, quelle sostanzialmente innocue, quelle raccontate per non provocare inutili polemiche o imbarazzo collettivo (“il tuo arrosto è davvero buonissimo- fa schifo- non ne mangio più perché ho mangiato troppo a pranzo- non lo mangerei nemmeno se morissi di fame”), ed è considerato socialmente condannabile rivelare confidenze private. Alcune professioni, avvicinandoci al baricentro del continuum tra pubblico e privato, nel loro ordinamento deontologico prevedono l’obbligo strettissimo di non rivelare elementi, seppur veri, che riguardano i propri clienti, è qualcosa che va oltre la privacy, il segreto professionale può riguardare elementi essenziali per la ricostruzione della verità nell’interesse pubblico (vedi avvocati e processi). Ma il concetto stesso di verità è uno dei più antichi e dibattuti dalla filosofia. Ricordo una pubblicità di un quotidiano cileno, si vedeva un’immagine fortemente ravvicinata, si intuiva la grana di una fotografia, una voce fuori campo elencava le qualità di un uomo, diceva che era un amante dei cani e un delicato ritrattista, l’immagine si allontanava e mostrava la fotografia per intero, rivelando l’identità di Adolf Hitler, concludendo con lo slogan che “Si può dire una sacco di bugie dicendo solo la verità”. E’ uno spot che mi ha profondamente colpito (lo conosco perché vinse un premio internazionale della pubblicità, o qualcosa del genere) e che ritengo fotografa (è il caso di dirlo) bene un problema assai complesso. Veniamo all’attualità; il sito Wikileaks dopo aver pubblicato dei dossier sulle guerre combattute dagli Stati Uniti (dossier agghiaccianti, che dimostrano omicidi gratuiti di civili inermi), ha annunciato che pubblicherà una serie di mail riservate che gli ambasciatori in Italia, Russia, Israele, Gran Bretagna, Turchia, Danimarca, Norvegia, Australia hanno inviato al Pentagono. Si vocifera che tale corrispondenza smaschererebbe l’ipocrisia politica degli Usa, e metterebbe in imbarazzo vari paesi, tra i quali l’Italia, che oltre ad essere (giustamente) insultata per la propria classe dirigente, forse potrebbe scoprire come si chiama davvero il colpo di fulmine tra Berlusconi e Putin (Gazprom), e ci sarebbero addirittura degli aggiornamenti sull’affaire Ruby. Ma dicevo quanto è eticamente giusto dire la verità, e cosa centra la pubblicità del giornale cileno? Sin da piccoli ci hanno insegnato che la nostra libertà finisce dove comincia la libertà degli altri, ma non ci hanno mai insegnato fin dove ci possiamo spingere dicendo la verità, prima che quella verità diventi dannosa, mi spiego, le nuove rivelazioni di Wikileaks potrebbero affossare definitivamente il consenso intorno a Obama, favorendo inevitabilmente i repubblicani, e magari consegnando il mondo a un nuovo Bush, che per contrasto sembrerebbe più “buono” di Obama, ecco il “dire un sacco di bugie dicendo solo la verità”, inoltre, rivelando gli assassini e l’imperizia dei soldati nei teatri di guerra si aumenta il livello di diffidenza e ostilità tra occupanti e occupati, aumentando di conseguenza il pericolo di incidenti. Ma la verità? Già. La Verità. E poi è davvero onere di chi persegue la verità valutarne le conseguenze (e comportarsi di conseguenza)? Per quanto mi riguarda con la testa non so risolvere il rompicapo, almeno in termini generali, con la pancia sto dalla parte di Wikileaks e della verità a ogni costo. Poi ci penso un terza e ultima volta, e capisco che ogni caso è un caso a sé, e se poi vado a guardare i singoli casi mi accorgo che la pancia non è poi così stupida come la dipingono.
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