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Maïwenn LeBesco

Creato il 09 febbraio 2012 da Alejo90
I am an actrice (corto) (2004)
Pardonnez-moi (2006)
Le bal des actrices (2008)
Polisse (2011) - 3,5/5
LeBesco (1976), francese, inizia la sua carriera come attrice teatrale, per poi passare al cinema (i più se la ricorderanno per i ruoli ne Il quinto elemento e Alta Tensione). Dai primi anni del 2000 ha realizzato anche opere da regista. Polisse ha vinto il premio della giuria a Cannes 2011.
-Polisse
Francia 2011 - drammatico - 127min.
Un anno (circa) negli uffici della Sezione Protezione Minori di Parigi: rassegna di casi seguiti (violenze e sfruttamento di minori) e vicende personali dei poliziotti.
L'attrice e regista Maïwenn LeBesco (che recita anche in un ruolo secondario) ha avuto l'idea per il suo terzo lungometraggio dopo aver visto alcuni documentari della polizia sull'argomento in questione. Ha quindi passato un periodo di osservazione sul campo in vari reparti della polizia, ed ha scritto la sceneggiatura del film (assieme alla regista ed attrice Emmanuelle Bercot) partendo da casi realmente accaduti.
Non è un documentario, anche se è girato nei modi del cinema-verité; i personaggi sono tutti inventati, sebbene ispirati a persone reali. Dove la regista inventa di più è nella descrizione dei rapporti tra i poliziotti, con le relazioni sentimentali e quelle di forza che intercorrono nel gruppo. Persone che affrontano ogni giorno casi sconsolanti e che sono costantemente sotto stress, eppure forti di una grande capacità coesiva che, malgrado gli attriti, li rende uniti e solidali fra loro. Sebbene questi elementi siano quelli che interessano meno, contribuiscono ad aumentare l'interesse dello spettatore verso i protagonisti, e in definitiva verso il film in generale (anche se il finale appare forzatamente sensazionalistico).
L'approccio ai casi rappresentati è invece più freddo, rispondendo ad esigenze di verosimiglianza maggiore, con risultati incisivi: il panorama dipinto è uno sconsolante affresco di abusi nei confronti dei minori da parte dei genitori, madri e padri, da cui traspare la concezione del figlio come oggetto utilizzabile a piacimento, violandone i diritti e distruggendone l'identità. Questo vale in particolar modo per i bambini più piccoli. Per gli adolescenti invece ciò che emerge è un sostanziale abbandono a loro stessi da parte degli adulti, ed un'incapacità educativa da parte di famiglie e/o istituzioni.
L'intento del film è lodevole ed ha come risultato quello di suscitare interesse nel pubblico, che forse non andrà mai a vedersi i documentari sulla materia, ma può comunque prendere consapevolezza di una realtà che nessuno vorrebbe vedere.
Tecnicamente il film non ha vezzi particolari, fa anzi di tutto per discrezionare la macchina filmica: due o tre telecamere digitali a mano o spalla, comunque piuttosto statiche, e tutto è lasciato alla bravura degli attori, molto spontanei.
A parte un breve “scena d'azione” è un film di dialoghi, di primi piani e (per la maggior parte) di interni. Dramma poliziesco che vale la visione, per confrontarsi con una realtà triste e scomoda, con cui è però giusto e doveroso fare i conti.
Voto: 3,5/5

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