Magazine Africa

Makena e il vecchio saggio /Il piacere di raccontare

Creato il 30 dicembre 2015 da Marianna06

Images-e878aaac88fe0dbf7ca964d492d3a10b

Makena era una giovane appena adolescente, vissuta fin dalla nascita con la propria famiglia in un villaggio rurale, uno dei numerosi della regione del Meru, un ampio territorio del Kenya settentrionale.

Da bambina era una piccola birba ma crescendo era divenuta, per necessità, molto giudiziosa e  piuttosto riflessiva.

Aiutava parecchio sua madre nel disbrigo delle faccende di casa, senza lamentarsi mai, e si occupava, in particolare, dei fratelli minori.

E questo specie quando mama Rosy era costretta a lavorare nei campi tutta l’intera giornata.

Il papà di Makena era morto molto presto, quando lei aveva circa dieci anni, a causa di un incidente sul lavoro in un cantiere in città.

E da allora non l’aveva più visto anche se, al ricordo di lui, provava sempre una forte nostalgia

Tra le tante incombenze di Makena, che per mancanza di denaro aveva dovuto smettere da un pezzo di frequentare la scuola, c’era quella, ogni mattina, di andare a prendere l’acqua al fiume.

Era bello, infatti, mantenere pulita e ordinata l’abitazione, anche se modesta, in cui  viveva con la propria famiglia.

Un giorno però, uno dei tanti, mentre aveva ormai terminato di riempire le taniche dell’acqua al fiume e stava appunto per intraprendere la via del ritorno a casa, un giovane baldanzoso, per non dire  uno sfacciato intraprendente, le si para dinanzi con intenzioni non proprio pacifiche.

Makena era bella. Di quella bellezza acerba che si ha solo negli anni dell’adolescenza. Il suo corpo era statuario, il passo elegante e un viso dolcissimo. Per tacere del sorriso accattivante.

Nella lotta con lo sconosciuto,per sottrarsi alle sue pesanti attenzioni, Makena rovesciò inevitabilmente le taniche d’acqua tutto intorno e cadde supina, inciampando e spintonata, sul terreno divenuto fangoso.

L’altro, lo sconosciuto, ebbe la meglio su di lei e la violenza fu consumata, manco a dirlo, nel giro di pochissimi minuti.

Makena,in lacrime, ricordò di storie analoghe che aveva ascoltato raccontare dalle donne anziane del villaggio e che anche sua madre le aveva più volte ripetuto, proprio per metterla in guardia da situazioni incresciose.

Con gli abiti sgualciti, dolorante, incerta sulle proprie gambe, la giovane ritornò al fiume per lavarsi e per riempire nuovamente le taniche.

Nel mentre il giovinastro malfattore era scomparso, dandosela a gambe come una saetta.

Makena, giunta al fiume, piangeva a dirotto e per la vergogna e per la rabbia, e intanto riempiva le sue taniche da portare colme d’acqua a casa.

Il pensiero era fisso ai fratellini, che aveva lasciato incustoditi.

Ad un tratto,all’improvviso,da un enorme albero di banano, spuntò fuori la figura inaspettata di un anziano.

Un anziano mai visto prima.

Capelli bianchi ricci e una lunga barba, coperto nella sua persona da una lunga tunica blu di tessuto pregiato con ricami in oro.

E, naturalmente, nuovo spavento per Makena, che pensava finalmente d’essere sola.

Ma il vecchio, avvicinandosi alla giovane e accarezzandole il capo fece subito in modo di tranquillizzarla circa le sue intenzioni.

Era un vecchio saggio, che viveva nella foresta da tempo immemorabile ed era pronto ad ascoltare le angosce di Makena. Così le fece intendere. Sempre che lei avesse avuto però intenzione di confidargliele.

Makena non si fece pregare due volte e, sedutasi accanto a lui, raccontò l’accaduto per filo e per segno e precisò il timore delle conseguenze, di cui avrebbe potuto essere vittima nei giorni a venire.

Sapeva bene di giovani senza scrupoli che approfittavano di fanciulle indifese e senza padre. E senza neanche un fratello maggiore.

Il vecchio saggio l’ascoltò in silenzio, tenendole la mano. Poi,inaspettatamente, pronunciò a voce alta una formula, che risultò incomprensibile per Makena.

Un istante dopo gli abiti di Makena, come per miracolo, tornarono come nuovi. Nulla era più sgualcito. I lividi sulle braccia della ragazza, quelli che si erano formati nella colluttazione col giovinastro, erano scomparsi.

Il viso di Makena non era più rigato di lacrime,i capelli erano anch’essi ravviati e le taniche, allineate e colme accanto a lei, erano pronte per essere trasportate.

Anche il dolore fisico era scomparso.

Mentre Makena, stupita, osservava i cambiamenti che erano avvenuti e continuavano ad avvenire sulla sua persona, e voleva ringraziare di ciò l’anziano uomo, il vecchio saggio era già scomparso.

La ragazza provò a chiamare ma non ebbe risposta.

Capì, allora, che doveva trattarsi di uno spirito benevolo.

Qualcuno paragonabile agli antenati, i cosiddetti “santi” d’Africa, che vegliano generosamente sui loro discendenti, specie quando quest’ultimi sono generosi e hanno cura amorevole della loro memoria.

Il pensiero che accompagnò Makena sulla via del ritorno fu quello del ricordo di suo padre che, in qualche modo, secondo lei, doveva essere intervenuto per proteggerla.

Fosse stato pure ricorrendo a quel vecchio saggio dai capelli bianchi e la lunga barba proprio come quell’immagine che, una volta, aveva avuto modo di vedere per caso in un libro di fiabe del maestro alla scuola del villaggio.

   Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog