Strane morti complicano ulteriormente il tutto, portando il nostro ispettore sempre più a contatto con un abisso di viltà e miseria morale senza eguali, fino ad arrivare al drammatico ed agghiacciante epilogo della vicenda. Baldini, con il suo stile asciutto, diretto, scarno, disegna un mondo cupo, sospeso tra la realtà dell’epoca, dura e disperata, e un “mondo rurale” che affonda le sue radici in un passato fatto di superstizioni e riti arcaici, difficilmente comprensibili ed accettabili, in cui verità e segreti si mescolano sedimentandosi e creando un clima di graduale suspense che prepara il lettore ad un finale troppo terribile per essere accettato. Siamo di fronte ad un’opera che non può lasciare indifferenti e che, perfetta nella ricostruzione storico-filologica, ci trasporta, anzi, ci prende per mano, in questo viaggio a ritroso in un’epoca ormai lontana, in un mondo, quello rurale, che ha caratterizzato il nostro paese almeno fino agli anni ‘40, in cui la difficoltà di vivere, o meglio di sopravvivere, era la costante di una società prettamente agricola. L’ambientazione durante il periodo del regime fascista ci regala uno spaccato su come le forze economiche e sociali del tempo fossero scese a compromessi con il potere, ma anche su come individui senza scrupoli e animati da biechi propositi, il Bellenghi del caso, potessero ascendere i gradini della scala sociale facendo della violenza e della prepotenza il loro carburante.
Sullo sfondo di un mistero che si infittisce pagina dopo pagina, emergono le figure dei due protagonisti Carlo, un gentleman prestato alla medicina, ed Elsa, la popolana dotata di selvaggia sensualità, che pur provenendo da mondi diversi, pratico e razionale lui, sognatrice e fatalista lei, riescono a trovare le loro risposte l’uno nell’altra, abbandonandosi, con tutta la passione ed il trasporto del caso, ad una relazione pericolosa (lui è infatti sposato con la collega Anna, lei è bramata dal brutale Bellenghi), che rappresenta l’unico momento di sole e di calore in questo mondo freddo e nebbioso, scuro ed inesplicabile, brutale e crudele, in una sola parola: amorale. Non meno interessanti sono le figure di Oreste Bellenghi, il capo delle squadracce locali, violento ed ignorante, simbolo del fascismo muscolare e prepotente, e di Giuseppe, il bambino sensibile, intelligente e solitario, che vede i morti intorno a lui e che viene considerato, e sopportato, nella comunità come “diverso”. Piccolo capolavoro della letteratura mystery, reso ancor più vicino e vivido dall’ambientazione “romagnola”, “Mal’aria” avvince già dalle prime righe mantenendo poi viva l’attenzione fino a quando, come un terribile cazzotto allo stomaco, arriva l’amara e chiarificatrice conclusione.
Non c’è dunque happy end: il male trionfa a 360 gradi ed a nessuno dei personaggi viene concessa la possibilità di redimersi. La razionalità soccombe al “soprannaturale”, a tal punto che anche la memoria dei due “ficcanaso” viene offuscata e resa fasulla ed “immorale” dai vincitori. Tutto torna come prima, avvolto nella nebbia, e con la “Borda” che continua a turbare l’esistenza degli infelici abitanti di questo “inferno” quotidiano. In chiusura, un romanzo ben costruito, caratterizzato da una narrazione che si può definire quasi “visiva”, cinematografica, in cui l’autore non solo affronta i temi della malaria, del fascismo e della medicina, ma anche, e soprattutto, quello della commistione esplosiva che può derivare dall’unione della corruzione con una mentalità primitiva, arretrata, superstiziosa ed estranea al razionalismo scientifico della medicina e alle regole codificate del vivere civile. Il mio consiglio? Un libro senz’altro da non perdere!!!