- Sto leggendo Ebano. Kapuscinski racconta da reporter, da viaggiatore, da uomo curioso che non esita a rischiare la vita per essere testimone delle vicende di un continente che “è solo per semplificare e per pura comodità che lo chiamiamo Africa”. L’infamia della schiavitù, lo sfruttamento dei bambini, le guerra per l’indipendenza, la vita di tutti i giorni e l’anima degli africani, vissuta e narrata dal reporter polacco che si è immerso in questo paese con passione incondizionata.
- Il numero di ottobre del National Geographic racconta “La guerra dei minerali”. Uno straziante documento sulla miniere del Congo e di come un gruppo di ribelli sfrutta il lavoro di uomini e bambini per finanziarsi la guerra vendendo i minerali che arricchiscono il sottosuolo di questo paese alle multinazionali occidentali e lasciando nella miseria interi villaggi.
- La straziante tragedia di Lampedusa.
Leggo il post di Mariangela Traficante sul blog chelibromiporto.com ed improvvisamente metto insieme questi tre momenti che viaggiavano inspiegabilmente separati nella mia mente, trovando, finalmente, una spiegazione all’inquietudine, allo sdegno ed alla rabbia che in questi giorni tormentano la mia anima.
Non conosco il continente nero, tranne il suo nord e la Tanzania, ma è stato sufficiente a crearmi quel piacevole malessere che si fa vivo impetuoso, ogni volta che penso all’Africa.
Riguardo le immagini della tragedia di Lampedusa e penso a Balengo, alla sua famiglia che mi ha accolto con cordialità, al sorriso dei suoi bambini, ai colori di Zanzibar. Alla compagnia di quel viaggio, con la quale ho condiviso l’improvviso amore per questa terra e la rabbia per tutto quello che le è stato fatto e che ora non può più lasciare nessuno indifferente.