Scritto da Lucilla Parisi
Titolo: Malamore
Autore: Concita De Gregorio
Editore: Mondadori
Anno: 2008
"Tutti pensavano che mi sarei uccisa dopo il suo abbandono. Anche Picasso se lo aspettava. Il motivo principale per non farlo fu di privarlo della soddisfazione".
Dora Maar nasce nell'anno in cui Pablo Picasso dipinge Les demoiselles D'Avignon. L'incontro tra la giovane Dora e il cinquantaquattrenne Picasso avviene nel 1936 a Parigi: "Ci conoscemmo al bar [...] Mi disse, a un certo punto: andiamo. Non era una domanda, era un ordine. Io allora alzai la testa e per la prima volta incrociai i suoi occhi. I suoi occhi non erano occhi: erano uno specchio dell'inferno. Gli dissi: dove? Lui mi rispose: in qualunque posto, signorina, purché non sia fuori di lei".
Dora Maar è una delle tante amanti del pittore, ammaliata e soggiogata dalla forza creativa e passionale dell'uomo di successo. Lei, la figura femminile ritratta più e più volte nei suoi quadri, è solo la donna che piange. Presa, lusingata, umiliata e abbandonata, la fotografa e pittrice di origine croata, rimane per anni – nonostante tutto - legata all'uomo e "contagiata" dall'artista a cui riuscì tuttavia a sopravvivere. Ciò che rimane di questa donna è nell'eredità di oltre centocinquanta tele stipate nella sua casa parigina e ritrovate dopo la morte avvenuta nel 1997. Dora Maar non è stata solo una delle numerose donne – creative ed intelligenti – di Pablo Picasso, ma una delle protagoniste mal- trattate del libro di Concita De Gregorio, Malamore.
Le storie raccontate dall'autrice parlano di donne strappate alla vita da orchi vestiti da gatto e trascinate nell'inferno della violenza. Hanno un nome e sono nomi belli: Dalia, Cristina, Lee, Marie, Franca. Sono vite reali, tragedie che si consumano tra le mura domestiche, non importa se quelle di una baracca o di un albergo, di un monolocale o di un attico. La violenza fisica e psicologica sulle donne è per ricchi e per poveri e, spesso, è quella che si consuma nei luoghi di lavoro: una violenza di genere che si realizza con l'intimidazione, il ricatto e l'isolamento.
Il mito, l'arte, le favole non sono da meno e ci raccontano di una "sudicia cultura" in cui la donna si può colpire, violare, uccidere, dove si tende spesso a giustificare la follia del carnefice e dove è ancora difficile impedire il massacro.
Circe è vittima del disamore e dell'abbandono dell'eroe, mentre Artemisia Gentileschi, figlia del noto pittore caravaggesco, per farsi strada in un mondo riservato agli uomini, verrà stuprata dal tutore scelto per lei dal padre, Agostino Tassi, rimasto poi impunito. Eva Kant, dopo essere sfuggita al tentato omicidio da parte del marito, diventerà complice e compagna di Diabolik, per ritrovarsi poi, ancora una volta, preda della insicurezza e del giogo di un uomo. Le spose di Barbablù sono donne intrappolate nella tela del ragno intessuta dal marito, "il primo serial killer delle favole".
E allora, che cosa spinge tante donne disinvolte, intelligenti, autonome ed emancipate tra le braccia dell'orco? Ce lo spiega la psicanalista venezuelana Mariela Michelena che ci dà un'interpretazione di un antico racconto popolare catalano, La rateta que escombrava l'escaleta, (La topolina che scopava la scala). Michelena spiega che la topolina sceglie come marito il gatto – mellifluo, vellutato, seduttore, ma cattivo e irrequieto – per "dimostrare di essere diversa, forte, speciale". Il gatto è l'unico capace di dimostrare il suo valore e la sua capacità di sacrificio: è convinta di poterlo cambiare e di farlo innamorare di sé a tal punto che lui non la divorerà. Ma la verità – quella evidente a tutti gli altri – è un'altra. "Non lo cambierà grazie alle sue grandiose qualità. I gatti mangiano i topi e basta. [...] La sapienza delle fiabe lo sa. Non si indossano uomini che ci fanno stare peggio. Non ci si mette addosso qualcosa, qualcuno che ci sciupa. Sappiatelo, bambine, e ora andate sole."
Concita De Gregorio, nonostante la durezza del tema trattato, ci regala ritratti delicati e suggestivi: i nomi celebri e meno celebri contenuti in queste pagine appartengono a donne protagoniste delle loro vite, segnate dall'incontro fatale con uomini incapaci di amare. Si tratta di donne spesso consapevoli della propria scelta, ma inermi di fronte all'escalation naturale della brutale aggressione.
"Vince chi sa aprire la porta e guardare con occhi più grandi. Non chi rifiuta di vedere, non chi per paura o per soggezione non apre neppure, non vuol sapere né sentire. Vince chi apre, chi guarda, [...] poi richiude, torna su per le scale. Vince chi va all'inferno e ritorna".
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