I sintomi di una malattia in psicosomatica sono il linguaggio con cui il corpo ci parla
Quando un sintomo si affaccia nella nostra vita, ne avvertiamo subito la duplice natura: da un lato nasce in noi e appartiene al nostro corpo, dall'altro sembra destabilizzarci, distruggere i nostri equilibri e apparirci come una presenza nemica.
La prima reazione è quella di cacciarlo via, eliminarlo, per tornare ai nostri ritmi abituali, alla nostra normalità, alle nostre abitudini, ma nel caso in cui si imponga per durata o intensità, sentiamo di essere abitati da forze sconosciute, sulle quali non abbiamo potere e che non siamo abituati ad ascoltare.
In genere consideriamo la salute con una modalità di base, che è quella dell'assenza di sintomi e di dolore. Eppure, per natura, questa condizione non può essere costantemente presente. Anzi, non è questa la vera salute, ne è solo una parte.
Non c'è stata neanche una singola esistenza, nella storia dell'uomo, in cui la malattia non si sia manifestata almeno una volta nell'arco dell'intera esperienza individuale: lo rivelano i dati clinici attuali, i testi dell'antichità, gli scheletri dell'età della pietra. Sembra esistere una legge valida in tutto il mondo per cui, anche se facciamo di tutto per evitarlo, prima o poi qualcosa giunge ad alterare il nostro equilibrio vitale generando la "crisi".
La malattia è un'interruzione del nostro vivere quotidiano. Separa il tempo in un "prima", variamente articolato, e in un "adesso", improvvisamente doloroso e confuso. La vita scorreva tranquilla quando d'un tratto arriva un'appendicite acuta che porta al ricovero in ospedale, un'influenza che costringe a sospendere i ritmi lavorativi, un'anemia che ci indebolisce e obbliga a fastidiose ricerche diagnostiche.
Un'osservazione più attenta può rivelarci che la nostra vita non scorreva proprio tranquilla, e che, forse, non ci apparteneva del tutto.
Arriva la malattia e ci sentiamo traditi, perché, malgrado sia stata preannunciata da mille segnali, ci coglie sempre di sorpresa. Il corpo non è più un luogo sicuro, la nostra casa solida e protettiva, ma ci abbandona, ci rovina la giornata, ci ostacola.
Eppure l'evoluzione naturale non ha eliminato la possibilità della crisi e della malattia. Intere specie viventi si sono estinte, organi e funzioni si sono atrofizzate nel corso di milioni di anni, cambiamenti radicali sono avvenuti nelle varie specie viventi, ma la malattia permane come fattore ineliminabile nella vita di ognuno di noi.
Tutto induce a pensare che essa non sia una dimenticanza o un errore del processo di selezione naturale delle specie, ma bensì un processo funzionale e necessario attraverso il quale la vita "rimescola" la sua materia biologica e si afferma in modo più consapevole e maturo. Paradossalmente non può esserci salute né evoluzione, sia nella materia che nella coscienza, senza la malattia.
L'interpretazione psicosomatica dei disturbi
La malattia spezza i vecchi equilibri e crea le condizioni per una nuova dimensione esistenziale.
Il disagio che impone, il senso di smarrimento e l'assenza di risposte di fronte alla sua imprevedibilità, il suo essere muta e oscura quanto più è grave e invalidante, ci impegna in un percorso di recupero della nostra identità più profonda e dei nostri talenti più nascosti, costringendoci a una visione più ampia dell'uomo e della vita.
L'uomo è per sua natura un'entità dinamica e poliedrica, in cui non solo psiche e corpo sono collegati tra loro – come nella classica concezione della psicosomatica – ma esprimono soprattutto la stessa realtà su piani diversi: uno più sottile (mentale, psichico e spirituale) e uno più materiale (corporeo). La malattia e i sintomi si collocano all'interno di questa interazione dinamica, e perciò sfuggono all'indagine scientifico-razionale basata sui criteri di riproducibilità sperimentale.
Tutte le antiche civiltà lo avevano compreso, e – anche perché spesso ignare dei meccanismi fisiologici – curavano le patologie basandosi esclusivamente sulla lettura simbolica, impregnata della loro specifica cultura e della religione di riferimento.
Lo sciamano guaritore non sapeva nulla del funzionamento del corpo, ma sapeva cogliere i contenuti simbolici profondi di ogni disturbo, e interveniva assicurando sicurezza a tutta la tribù.
Lo stregone delle popolazioni pellerossa coglieva i segni della natura, evocava il potere curativo degli animali (il coraggio dell'aquila, l'intuizione del falco, l'introspezione dell'orso) per migliorare il rapporto tra l'uomo e il grande mistero della vita.
Il rishi della cultura indovedica partiva dal principio che il disturbo fisico fosse l'esito di una serie di comportamenti "adharmici", cioè contrari all'ordine cosmico universale, compiuti in questa o nelle precedenti vite.
La medicina moderna, figlia della rivoluzione scientifica dei secoli scorsi, non ha invece nessuna considerazione dei simboli insiti nel corpo – che non sono "dimostrabili" secondo i parametri scientifici – e si concentra solo sul funzionamento, privando il sintomo della sua anima e separando quest'ultima dal corpo.
Si salvano così molte vite, ma c'è tanto malessere e le patologie sono in aumento.
L'uomo è un'unità dinamica, composta da bios e psiche, materia e spirito; è tanto una macchina automatica quanto un corpus ricco di simboli. Realizza se stesso attraverso l'esperienza della propria dimensione fisica e spirituale, e incorre, in particolari condizioni, in eventi patologici anch'essi ricchi di significato e di presupposti evolutivi.
Oggi, fortunatamente, l'integrazione degli studi di psicologia del profondo con le straordinarie intuizioni delle religioni e delle filosofie orientali e con le sempre maggiori conoscenze della fisica moderna sta portando a una nuova visione della malattia; una visione che pur rintracciando tappe psicopatologiche e atmosfere esistenziali comuni a quasi tutti gli individui con quel preciso disturbo, non dà per scontato che uno stesso sintomo non possa avere un senso completamente diverso, a volte opposto, per una persona rispetto a un'altra.
Simbolo significa "tenere insieme nello stesso momento". Un simbolo psicosomatico tiene insieme tanti aspetti del nostro essere che – secondo logica – non potrebbero stare insieme.
Un sintomo è simbolico nel senso che può esprimere contemporaneamente il desiderio e l'avversione per qualcosa, una paura e insieme un'attesa, un bisogno di autonomia ma anche di dipendenza, la voglia di amore ma anche il dispiacere per un rifiuto.
Il corpo, inteso come simbolo, diventa la sede in cui gli opposti coesistono, come avviene in modo sincronico a livello psichico. Fondamentale è il modo in cui affrontiamo e curiamo la malattia. La crisi che segue l'incidente o lo squilibrio è un momento di altissimo valore in cui cogliere una grande opportunità. Riccorrere subito ai farmaci, trascurare il sintomo, affannarsi alla ricerca del "perché" della malattia possono rappresentare ostacoli al processo di trasformazione e di rinascita innescato dalla malattia.
L'atteggiamento migliore è quello plasmato sul dinamismo della realtà del sintomo, costituito da uno sguardo attento e rilassato ai cambiamenti esistenziali e al nuovo stile di vita imposto dalla malattia.
Uno degli strumenti base, indicato dalle ultime ricerche europee del settore, è la cosiddetta "dimensione d'organo". Secondo questo strumento di indagine, ogni organo o tessuto è depositario di immagini arcaiche e di funzioni primarie, presenti in noi da tempo immemorabile, che rappresentano un modo di essere al mondo.
La dimensione della pelle, ad esempio, è quella della relazione, della comunicazione con il mondo. Lo stomaco simboleggia la disponibilità ad accogliere. Il sistema immunitario rappresenta uno stato di all'erta.
Ognuno di noi possiede tutte queste dimensioni, ma a seconda del momento della vita che attraversa, abita preferenzialmente in uno o in alcune di queste.
Ciò significa che chi è calato in una determinata dimensione d'organo, quando interviene un conflitto interiore inconscio, potrà esprimerlo più facilmente a quel livello.
Nello stesso tempo, quando si presenta un sintomo, l'organo in cui esso insorge e il modo in cui si manifesta ci racconta il percorso di vita della persona, ci parla dei suoi talenti nascosti e del modo per recuperarli, aiutando così a trovare la giusta via di guarigione; una guarigione che non va intesa solo come scomparsa di sintomi, ma anche come approdo ad un nuovo equilibrio, più in sintonia con l'essenza della persona.
Tratto da “Fondamenti di Psicosomatica” di Caterina Carloni
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