di Beniamino Franceschini
L'ex presidente Mohamed Nasheed. | © Ishara S. Kodikara / AFP / Getty Images
Alle Maldive gli scontri non accennano a terminare. I sostenitori di Nasheed continuano a protestare contro il rovesciamento della Presidenza, mentre la polizia appare sempre più compatta nella difesa del nuovo assetto. Il sindaco di Malè, la capitale per le cui strade si registrano scene di guerriglia urbana, ha lanciato vari appelli alle organizzazioni internazionali affinché la sua città e le Maldive non siano abbandonate alla violenza. Secondo alcune fonti, lo stesso Nasheed sarebbe stato percosso nei giorni scorsi dalla polizia.
In queste ultime ore, in India si sono levate molte voci in difesa del Presidente costretto alle dimissioni. New Delhi, infatti, oltre a dover tutelare 50mila cittadini indiani alle Maldive, teme, come già riportato, la nascita di uno Stato islamico radicale in prossimità delle proprie coste. Tuttavia, a impensierire Singh sono anche da un lato il rischio che l’instabilità dell’arcipelago conduca a un incremento del traffico di droga nella regione; dall’altro lato l’eventuale rafforzamento della presenza cinese. Durante il proprio mandato, il presidente Nasheed ha sostenuto con vigore l’alleanza con Nuova Delhi, ripetendo che «nell’Oceano Indiano non c’è margine di manovra per amicizie non tradizionali».
Qualora si creasse nelle Maldive un nuovo regime politico e istituzionale, Pechino potrebbe inserirsi e proporsi quale potenza attivamente vicina a un Paese in cerca di un nuovo allineamento internazionale, magari giustificandosi con la necessità di tutelare le proprie rotte commerciali nell’area. L’India, che pare sempre più decisa a intervenire, evidentemente, non può permettere che Malè diventi uno scalo cinese, ma si trova di fronte una comunità internazionale non del tutto compatta nel riconoscere lo stato d’emergenza alle Maldive.
Il premier britannico David Cameron ha risposto a un’interrogazione alla Camera dei Comuni che Londra, seppur preoccupata per le violenze, considera le dimissioni di Nasheed come una procedura di rinuncia volontaria all’incarico presidenziale coerente col dettato costituzionale. Analoga posizione è stata espressa dagli USA, i quali hanno riconosciuto la legittimità di Waheed, disponendo comunque l’invio di alcuni rappresentanti del Segretario di Stato. Nasheed ha criticato con forza la scelta di Washington, definendola «infelice». Catherine Ashton, invece, ha dichiarato che l’Unione Europea stia seguendo con estrema attenzione gli eventi, accogliendo l’appello dell’ex Presidente. Nel frattempo, una delegazione ONU è arrivata a Malè.
(Il contenuto del testo può essere liberamente utilizzato per fini non commerciali, purché se indichino provenienza e autore).