Il “Gruppo di sostegno e di monitoraggio del Mali” dell’Unione Africana, al termine di una riunione di qualche giorno fa ad Abidjan, cui hanno preso parte sia esponenti dell’ONU che della Cedeao /Ecowas e lo stesso presidente dell’UA, Jean Pin, ha chiaramente espresso il proprio punto di vista in merito alla possibile e auspicabile risoluzione della crisi maliana.
Si tratta, per altro, di una visione delle cose non troppo difforme da quella dell’uomo della strada e quindi condivisa, con autentica convinzione, dalla maggior parte della popolazione civile, che vuole solo pace, giustizia e soprattutto dignità per sé e per i suoi cari.
In breve il nucleo centrale del documento è né islamizzazione, né militari al potere in Mali.
E ritengo personalmente che più chiari di così non si possa essere.
Il Mali non è una Paese qualunque. La sua tradizione storica ci racconta che un tempo, insieme al vicino Ghana, fu anche un prestigioso impero.
Questo significa molto per i maliani anche se oggi quei fasti sono troppo lontani.
Al di là del pieno appoggio al governo di transizione, guidato da Dioncounda Traoré, attualmente in convalescenza post-operatoria a Parigi, il documento per quanto attiene ai militari, capitanati dal capitano Sanogo, sollecita in assoluto un ritorno ai compiti di difesa dell’unità e integrità territoriale del Paese.
Senza interferenze di alcun genere. Non transige.
Poiché non deve esserci alcuna forma di secessione del Nord, sempre lo stesso documento chiede, previa autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, di poter intervenire militarmente contro gruppi ribelli Tuareg e movimenti islamisti, che procedono quasi da sempre ormai in questa direzione, mettendo a dura prova e provando a fiaccare la resistenza delle già provate popolazioni settentrionali, cui spesso è impossibile da parte di organismi umanitari persino recare un minimo di aiuto in termini di alimenti e medicine.
Il sostegno finanziario e logistico al governo di Bamako è stato assicurato da tutti i partecipanti presenti all’incontro di Abidjan di giorni fa ma non si è affatto parlato delle modalità dell’ organizzare un intervento militare, tenendo presente che il nord del Mali è, in effetti, i due terzi del territorio nazionale.
Da cui l’urgenza sarebbe ed è decisamente improrogabile.
Qualche perplessità, a proposito del portare la guerra al nord, nasce e resta tuttavia per il fatto che comunque il prezzo di queste contese, che in realtà sono solo di natura politico-economica più che ideologica e sono ben mirate, è costretto a pagarlo in esclusiva la povera gente che non c’entra proprio niente.
In tal senso una soluzione negoziale sarebbe certamente preferibile.
L’offerta poi delle truppe da parte dei Paesi della Cedeao/ Ecowas(Comunità economica dell’Africa Occidentale) non deve meravigliare.
In Africa il mestiere del militare è molto ambito, perché discretamente ben pagato (quando lo è) e, per di più, anche piuttosto prestigioso.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)