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Malta, un'isola dalla storia ancora misteriosa

Creato il 14 aprile 2012 da Kimayra @Chimayra

Malta, un'isola dalla storia ancora misteriosa

Malta

I Greci chiamarono Malta Melita, gli Arabi Malitah. Si pensa che il nome derivi dal greco melissa (o mèlitta) che in greco significa ape. Un'altra ipotesi vuole che l'origine del nome sia da ricercarsi nel fenicio malit, che letteralmente significa montagna o monte. I più "romantici" pensano che il nome di Malta sia dovuto alla ninfa Melite, una delle Naiadi, figlia di Nereo e Doride.
La presenza dell'uomo sulle isole maltesi è attestata solo negli ultimi settemila anni. Non ci sono testimonianze anteriori al 5000 a.C., quando l'uomo già coltivava piante commestibili e costruiva imbarcazioni capaci di attraversare ampi tratti di mare aperto.
I primi abitanti dell'arcipelago maltese arrivarono dalla Sicilia. Il paesaggio era ben diverso dall'attuale, spoglio e roccioso. Archeologi e paleontologi, però, finora non sono stati in grado di definire che tipo di ambiente e quali animali vagassero in questi luoghi. I primi animali domestici quali le capre, le pecore, i bovini ed i suini, insieme con le prime sementi commestibili, arrivarono con i primi coloni dalla Sicilia in quello che è chiamato Neolitico maltese (5000-4100 a.C.).

Malta, un'isola dalla storia ancora misteriosa

Interno dell'ipogeo di Hal Saflieni

Il secondo periodo Neolitico maltese (4100-2500 a.C.) è caratterizzato dall'erezione dei cosiddetti templi megalitici, grandi blocchi di pietra, che coincise con l'arrivo di nuovi coloni sempre dalla Sicilia. Compaiono i primi ipogei sepolcrali collettivi (a Zebbug, sull'isola di Malta e a Xaghra, sull'isola di Gozo). Questi sepolcreti si evolsero, in un secondo momento, in complessi piuttosto vasti come quello di Hal Saflieni. Dalle tombe di Zebbug proviene una misteriosa scultura raffigurante una testa umana stilizzata, molto astratta. Una struttura simile proviene dalle tombe di Xaghra. In questo periodo gli abitanti dell'arcipelago maltese importavano materie prime (selce, ossidiana soprattutto) dalla Sicilia, da Lipari e da Pantelleria.
In un contesto praticamente isolato, il gruppo umano che popolava Malta e le altre isole dell'arcipelago, nella terza fase Neolitica (3600-3000 a.C.) svilupparono una cultura personale che non aveva ricevuto influssi dal mondo esterno. Cultura che certamente era alimentata dalla notevole sovrapproduzione agricola. E' questa l'epoca dell'architettura monumentale dei templi di Ggantija, Tarxien, Hagar Quim o Mnajdra. Alcuni studiosi pensano che l'architettura interna dei templi maltesi fosse una ripresa, monumentalizzata, degli ipogei funerari collettivi. Altri, invece, sostengono che la prima struttura di tempio sia stata originata dall'idea di capanna.

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La Dea Dormiente

I templi veri e propri risalgono al Neolitico. Gli studiosi dividono le fasi costruttive in base alle località in cui si trovano le costruzioni. Gli edifici hanno inizialmente una semplice planimetria "a trifoglio" e si evolveranno, in seguito, in ambienti complessi, dotati di sei absidi e nicchia, disposti attorno ad un ingresso monumentale formato da tre monoliti. Il materiale da costruzione fu dapprima costituito da piccoli, uniformi blocchi di pietra. In seguito vennero utilizzati blocchi giganteschi, accuratamente rifiniti. Testimonianze del progresso di questa tecnologia sono proprio le dimensioni dei blocchi impiegati e le connessure tra di loro, praticamente perfette. Il tempio di Mnajdra è particolarmente conosciuto per essere il più antico esempio di edificio costruito a secco (senza malte) antecedente a Stonehenge e alle piramidi. Il tempio di Ggantija, portato alla luce nel 1827, risale al 3600 a.C. ed è composto da due templi affiancati e separati, uniti da un unico muro di cinta. Il Tempio meridionale è più grande ed ha cinque absidi. Quasi tutti gli edifici di culto erano dedicati alla fertilità e vi si veneravano delle figure femminili riconosciute come rappresentazioni della Dea Madre.
Al 3300 a.C. risale l'ipogeo di Hal Saflieni che si sviluppa dai 3 ai 10 metri di profondità, su una superficie di 2500 metri quadrati. Questo edificio ebbe funzioni sia di tempio che di luogo di sepoltura. E' composto da tre livelli sotterranei e qui fu rinvenuta la famosa statuetta della Dea Dormiente. Proprio durante la fase di Hal Saflieni compaiono i primi templi a doppio asse, la cui pianta corrisponde ai punti cardinali, con il perimetro delle mura di forma arrotondata, circolare o ellittica a ricordare la forma dell'uovo, simbolo di fecondità, ma anche del seno materno e dei glutei.

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Il complesso di Ggantija

La civiltà che produsse questi misteriosi ipogei e templi crollò in modo apparentemente repentino intorno al XXVI secolo a.C.. Probabilmente tale crollo fu causato dal progressivo sgretolarsi della struttura sociale che era alla base dei piani costruttivi, ma causa del crollo possono anche essere stati una catastrofe naturale, una pestilenza o l'impoverimento delle risorse dell'arcipelago. Nel contempo, la comparsa, in altri siti del Mediterraneo, all'incirca nello stesso periodo della scomparsa della civiltà maltese dei templi, di analoghe architetture e motivi ornamentali, induce a pensare che l'abbandono dell'arcipelago da parte dei suoi abitanti possa essere dovuto ad una serie di circostanze concomitanti. Sta di fatto che per cinque secoli Malta appare come disabitata.
Nel 2000 a.C. il popolo che diede vita alle costruzioni templari megalitiche venne rimpiazzato da tre successive ondate di migranti. Costoro provenivano dal Mediterraneo settentrionale o nordorientale e mostrano chiaramente l'insicurezza dei tempi, visibile attraverso la produzione di armi in bronzo, la costruzione di difese naturali su alti crinali o cime piatte di colline o, addirittura, l'edificazione di villaggi fortificati.
Durante l'Età del Bronzo il popolo della necropoli scoperta a Tarxien cremava i defunti e ne deponeva i resti in urne, collocate tra le rovine di quelli che, un tempo, erano stati gli splendidi templi megalitici di Tarxien. Non si sono ancora esplorati e studiati gli insediamenti di questa popolazione. Si è, invece, indagato il popolo ad essa succeduto, detto di Borg-in-Nadur (dal nome della prima località che è stata esplorata). Questa popolazione viveva su crinali e cime piatte di colline, a volte difese da mura ciclopiche sui lati più vulnerabili.

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Tempio di Hagar Qim

Lo storico greco Diodoro Siculo (80-20 a.C.) descrive Malta e Gozo come colonie fenicie. Questa sua allusione, dal momento che l'arcipelago, all'epoca, era sotto l'influenza romana da più di un secolo e mezzo, forse si riferisce ad una realtà storica più remota, agli inizi del VII secolo a.C.. Diodoro afferma anche che fu proprio il contatto con i Fenici a rafforzare l'economia dell'arcipelago, in particolare attraverso l'introduzione della tessitura.
La testimonianza più antica della presenza fenicia sulle isole risale all'inizio del VII secolo a.C., si tratta di una tomba scavata nella roccia, contenente tipici vasi fenici e fine ceramica greca. Altre sepolture dello stesso periodo sono state ritrovate a Mdina-Rabat (isola di Malta) e a Rabat-Victoria (isola di Gozo) che all'epoca erano, con tutta probabilità, i principali centri dell'isola. Proprio a Rabat i resti di un tempio megalitico, proprio in questo periodo, vennero trasformati in un tempio fenicio, situato sulla cima del colle di Tas-Silg, in vista del porto di Marsaxlokk. Questo tempio sarebbe, in seguito, divenuto un santuario famosissimo dedicato alla fenicia Astarte, equivalente della Hera greca e della Giunone romana. Una missione di archeologi italiani rinvenne, negli anni '60 del Novecento, numerose coppe votive proprio con il nome di Astarte: furono queste coppe ad indicare la presenza, in loco, di un santuario fenicio.

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Santuario di Astarte a Tas Silg

Numerose sono le tombe rupestri del periodo fenicio (700-218 a.C.). All'epoca appartengono anche i resti del santuario di Tas-Silg, ampliato e arricchito di elementi architettonici ellenistici nel IV secolo a.C.. Oltre a questi resti, notevoli sono le testimonianze di un altro complesso sacro, parzialmente scavato nella roccia a Ras Il-Wardija, sull'isola di Gozo, che fu in attività tra il III e il I secolo a.C.. La struttura più importante dell'ultimo periodo punico è la torre quadrata che si trova in un giardino privato a Zurrieq, alta cinque metri, con cornicione di ispirazione egizia. Probabilmente apparteneva ad un edificio religioso andato distrutto.
L'arcipelago maltese passò sotto il dominio dei Romani nel 218 a.C., dopo la spedizione della flotta romana al comando di Tiberio Sempronio Longo, all'inizio della seconda guerra punica, per localizzare e distruggere la flotta cartaginese. In realtà, secondo lo storico Tito Livio, non ci fu nessuna battaglia poiché il comandante della guarnigione cartaginese di stanza a Malta, si arrese con i suoi duemila soldati. L'arcipelago fu annesso, pertanto, all'impero romano, sotto la cui influenza restò fino al VI secolo d.C., e fu posto sotto la giurisdizione del governatore della Sicilia.

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Statua di Claudio dalla domus di Malta

Un'iscrizione in bronzo ora al Museo Nazionale di Napoli attesta che Malta possedeva un proprio senato e una sua assemblea popolare e batteva una propria moneta, se pure basata su standard di peso romani. Oltre alle due principali città di Melita (nell'attuale Mdina-Rabat) e Gaulos (nel sito di Rabat-Victoria) con templi ed edifici pubblici adorni, alcuni, di pregiati marmi, il paesaggio maltese era per lo più caratterizzato da proprietà agricole sparse, con oliveti annessi a ville rustiche.
Iscrizioni ritrovate a Malta e Gozo attestano la presenza di un municipium non prima del II secolo d.C. e la concessione della cittadinanza romana agli abitanti delle isole. Un certo Vallio Postumo, attestato sempre dalle epigrafi ritrovate in loco, divenne patronus del municipio e primo cittadino. Risulta attestata anche la presenza di diverse cariche religiose. L'edificio più significativo di epoca romana finora scoperto e scavato a Malta è la domus, databile al I secolo a.C., i cui resti sono annessi al Museo di Antichità romane di Rabat, alle porte della cittadella di Mdina. La domus ha un bel peristilio in stile dorico ed è decorata da pavimenti musivi di ottima qualità in opus vermiculatum. Verso il I secolo d.C. la domus fu dotata di alcune statue dei membri della famiglia imperiale regnante, la più importante delle quali raffigura l'imperatore Claudio. Accanto a questa è stata ritrovata una statua di fanciulla drappeggiata, identificata con una figlia dello stesso imperatore. Nelle campagne maltesi sono state identificate, inoltre, una trentina di ville romane risalenti al periodo compreso tra il II secolo a.C. ed il III secolo d.C..

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Pavimento musivo della domus di Malta

L'unica notizia storica successiva alla conquista da parte dei Romani, è quella del naufragio di Paolo di Tarso sull'isola, nel 60 d.C.. I primi cristiani comparvero a partire dal IV secolo e la loro presenza è attestata da ipogei funerari presenti un pò dovunque e dai resti della chiesa a pianta basilicale costruita forse nel VI secolo a Tas-Silg, sul sito di un precedente complesso sacro romano. In una piccola catacomba situata presso la torre di San Tommaso vicino alla baia di Marsascala, si trova un'invocazione scritta in latino. Le concentrazioni maggiori di catacombe si trovano fuori del perimetro dell'antica città di Melita, a Mdina-Rabat. Queste sepolture sono caratterizzate da una mensa per l'agape, introdotta nel rituale cristiano solamente ad un certo periodo. La mensa è solitamente rotonda ed è ricavata dalla roccia. In alcuni ipogei si conservano anche le pitture, come in quello di San Paolo dove è raffigurato un uomo seduto indicato come EYTUCHION oppure il chi-ro, monogramma del Cristo.
La lingua maltese è un'eredità della dominazione araba sull'arcipelago (870-1224) della quale, però, sorprendentemente, non rimane alcun resto architettonico. Probabilmente gli archeologi del passato non hanno orientato le loro ricerche nell'accertamento della presenza araba nell'isola.

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