Mama (it. La Madre) è uno di quei rari esempi di thriller-horror positivamente pe(n)santi, che, pur affondando appieno le mani nel solco del cinema di genere, riesce a ricavarne una sostanza filmica sensata e coesa, nonché dotata di tutto quel complesso portato atmosferico, sensoriale ed emozionale tipico della cinematografia (e più in generale dell’estetica) della paura. Il film, diretto da Andres Muschietti e prodotto da Guillermo del Toro, è la riedizione estesa del corto omonimo del 2008, a firma dello stesso regista, opera che è riuscita, nella sua piccola dimensione DIY in piano sequenza, a impressionare Del Toro al punto di spingerlo a produrlo in full-length.
Si tratta in buona sostanza di una ghost-story, che intreccia echi di Ju-On, Ringu e del miglior Montague Rhodes James, riscattando il concetto stesso di fantasma nelle pellicole occidentali, troppo spesso sfruttato in modo banale e stilizzato, avvicinandolo paradossalmente alla figura degli spiriti irredenti/vendicativi estremorientali (il questo senso Mama altro non è che un onryō, uno yūrei in cerca del proprio riscatto). Non solo. Come inferisce il Dr. Dreyfuss, il desiderio di maternità frustrata e il relativo delirio si avvicina molto alle probabili origini del mito latino della Lamia (e, meno esattamente, delle Empuse), che hanno rappresentato la spiegazione in chiave mistico/folklorica di molte forme di follia, apparizioni e allucinazioni, sempre legate a doppio filo con una sostanziale dialettica in qualche modo rovesciata fra vittima e carnefice.

Il fantasma rancoroso di Muschietti è tanto più spaventoso quanto più ci si accorge della sua umanità, della fragilità dei suoi umanissimi sentimenti (amore, gelosia), che infatti sono brillantemente sintetizzati nel teaser del film: “A ghost is an emotion bent out of shape, condemned to repeat itself time and time again”.
Uno dei molti pregi di Mama è quello di non limitarsi a delineare questa storia angosciante e tormentosa da un solo punto di vista, ma nel cambiare progressivamente il proprio obiettivo, focalizzandosi ora sulla figura del padre, ora sulle bambine, ora su Annabel (Jessica Chastain), per poi ovviamente raggiungere l’acme nel completo disvelamento del segreto, della figura, spettrale e umana, della Madre. Muschietti non ha infatti paura di mostrare, rischiando molto, in termini di soluzione di quella particolare tensione che esiste fintanto che perdura l’ignoto e il velo dell’incertezza, ma, ribadendo la dinamica degli occhiali da vista della piccola Victoria, la chiara visione del mostro permette, alla fine di comprendere come e perché si era radicato quel particolare rancore oltremondano, e porvi, in qualche modo, rimedio. Ciò nonostante Mama non è un film happy-ending, non c’è completo riscatto e/o catarsi, ma solo la triste constatazione che certi torti, certe storture, sono talmente radicate e antiche da essere completamente insanabili (da certe follie non v’è alcun rimedio).

Paese di produzione Spagna, Canada
Durata 100 minuti
Regia Andres Muschietti
Sceneggiatura Neil Cross, A. e B. Muschietti
Produttore esecutivo Guillermo del Toro
Casa di produzione Toma 78, De Milo
Fotografia Antonio Riestra
Montaggio Michele Conroy
Effetti speciali Jaime Fortea
Musiche Fernando Velázquez
Scenografia Anastasia Masaro