Ho letto il libro: Mamme Cattivissime? La madre perfetta non esiste. La Badinter è anche sociologa, femminista in quegli anni che noi della nostra generazione abbiamo vissuto nel pancione o tra i banchi dell'asilo. Siamo anzi le cosiddette figlie, quelle che - lei sostiene - negli anni '90 hanno tradito molte delle conquiste fatte dalle madri negli anni 70.
Con chi se la prende la Badinter? Essenzialmente con chi è convinto che l'istinto materno sia una categoria monolitica e assoluta, inevitabilmente presente in ogni donna, univocamente vissuto e vivibile. Sostiene lei al contrario: ci sono un'infinità di modi di vivere la maternità, che "impediscono di parlare di istinto fondato sul determinismo biologico. Questo dipende strettamente dalla storia personale e culturale di ogni donna".
Di fatto, osserva la Badinter, è da quando le donne hanno il potere di scegliere se e fare un figlio (grazie ai contraccettivi) che la maternità è cambiata, ma non in meglio come ci saremmo aspettate. Tanto più questa scelta è libera, tanto più ne siamo responsabili. Se desideriamo un figlio e decidiamo consapelvolmente di metterlo al mondo, non ci sono più scuse: lo dobbiamo curare con tutto il meglio che gli possiamo offrire. E tutto il meglio non lo decidiamo noi da sole, a suggerircelo c'è tutta una società con i suoi condizionamenti, riti, sacerdoti, sacerdotesse e mode: pediatri che insegnano una nuova pedagogia (quella basata sul diritto del bambino a essere considerato una persona e trattata e rispettata come tale), un'incipiente naturalismo (quello che ripropone l'istinto materno come assoluto), l'ecologismo (che ci dice di usare pannolini lavabili, di cucinare cibi selezionati e biologici...), il ritorno di pratiche ormai superate (il parto in casa, la doula), l'elogio del dolore e il rifiuto dell'analgesia epidurale, la teoria del bonding, l'allattamento a richiesta e a oltranza... chi non ne ha sentito parlare da quando è diventata madre?
I doveri nei confronti del bambino di fatto sono aumentati e il risultato è che "i compiti materni sono diventati sempre più ambiziosi, sempre più gravosi, appesantiti da ansia e nervosismo" (parole di Yvonne Knibihler, storica della maternità). Nel contempo, sostine la Badinter, cresce la colpevolizzazione delle donne e delle madri che non si adeguano al modello proposto, quello della madre perfetta che si occupa costantemente 24 ore su 24 del proprio figlio. Ed è così che si torna al passato, registrando una preoccupante inversione nel percorso verso l'emancipazione femminile: "I doveri che aumentano nei confronti del neonato e del bambino si rivelano altrettanto limitanti, se non di più, della perpetua guerra maschilista in casa e sul posto di lavoro... E' il bambino innocente - suo malgrado - che è diventato il miglior alleato del dominio maschile". La conclusione è lapidaria: "I più maschilisti possono gioire: la fine della loro dominazione non è prevista per domani. Hanno vinto la loro guerra sotterranea senza prendere le armi... Ci hanno pensato i sostenitori del maternalismo".
C'è di sicuro di che riflettere e molto da condividere in queste parole, ma il tono enfatico e di denuncia della Baditer per me, ragazza negli anni 90, è davvero un po' troppo femminista, estraneo alla mia forma mentis (non è un caso che le parole "battaglia", "nemici" e "guerra" ritornino spesso nel libro). Lo trovo però irresistibile quando si rivolge contro le madri de La Leche League e gli "ayatollah dell'allattamento al seno": per la sociologa francese al cuore della silente rivoluzione maternalista che stiamo vivendo è proprio la cosiddetta "battaglia del latte", che vede i suoi peggiori nemici nel latte in polvere, negli asili nido e nel lavoro che tiene le mamme lontane dai figli.
Ma andando aldilà dei toni, le conclusioni sono assolutamente valide. Il modello ideale di madre è oggi davvero esigente, ma allo stesso tempo la figura della "madre a tempo pieno" è svalutata socialmente. La contraddizione, per chi non si sente a proprio agio in quel solo ruolo (e siamo in molte) e cerca anche una realizzazione individuale, può essere dolorosa: il proprio figlio, desiderato e amato, può essere la causa della mancata realizzazione di sè. E' evidente che mancano delle risposte adeguate.
Interessante, infine, applicare le argomentazioni (per una volta di tipo sociologico e non solo economiche e politiche) della Badinter al nostro paese, l'Italia, uno dei meno prolifici al mondo: "Ogni paese conosce realtà differenti, perché la storia e le tradizioni hanno un grosso peso. A seconda che identifichi più o meno intensamente la donna con la buona madre, emergono due tendenze. Dove l'analogia è dominante, le donne non vi si rispecchiano e sono sempre più inclini a voltare le spalle alla maternità. Dove invece vengono fatti dei distinguo tra donna e madre, dove viene riconosciuta la legittimità dei molteplici ruoli femminili, dove la maternità è meno pesante, le donne ritrovano il desiderio di essere madri, libere di poter voltare le spalle al mondo ideale". E le francesi, lei dice, sono lì a dimostrarlo, refrattarie ad allattare al seno, dedite al lavoro e... prolifiche come sono.