Roberto Accurso 25 giugno 2013
Lo scorso 15 giugno durante il Taormina Film Fest, si è tenuta, presenti il regista e buona parte dello stellare cast, l’anteprima di una delle pellicole più attese dell’anno, quel Man of Steel (uscito poi il 20 giugno nelle nostre sale col titolo L’uomo d’acciaio) che segna il ritorno al cinema di uno dei supereroi più amati di sempre. La proiezione-evento ha aperto la rassegna taorminese nella splendida atmosfera di un Teatro Antico per l’occasione praticamente sold out. Tecnicamente la pellicola soddisfa i cinefili, e ci si trova davanti al film che ci si aspetta dalla regia di un personaggio come Zack Snyder, visionario creatore di pellicole cult come 300 e Watchmen. Se a questo si aggiungono il soggetto e la sceneggiatura di Christopher Nolan e David S. Goyer, che avevano collaborato insieme alla trilogia dell’ultimo Batman, si comprende come il Superman che ne esce fuori ha ben poco a che vedere con quello classico dei fumetti e della saga cinematografica con Christopher Reeve.
Il film rappresenta un reboot o riavvio: in pratica, la storia del supereroe kryptoniano riparte da zero, ma pur rimanendo in parte fedele alla storyline che tutti conosciamo, sono moltissime le differenze sia stilistiche che nella trama, differenze che fanno sì che lo spettatore assista ad una vicenda fondamentalmente nuova. In parte ciò è legato alla decisione di soggettisti e sceneggiatori, in parte, secondo noi, condizionato dalla presenza (forse ingombrante) di attori come Russell Crowe e Kevin Costner, interpreti dei ruoli di Jor-El e Jonathan Kent, rispettivamente padre naturale e adottivo del giovane eroe. Se nella pellicola originale diretta da Richard Donner divi come Marlon Brando e Glenn Ford arricchirono il film facendo solo da comprimari e apparendo in poche scene, stavolta lo spazio dedicato a Costner e a Crowe è molto più esteso. Quest’ultimo, difatti, è protagonista assoluto della prima parte dell’opera che vede per oltre mezz’ora raccontata la storia della distruzione del pianeta Krypton e l’inizio della faida col Generale Zod.
A sorpresa lo spettatore si ritrova all’improvviso catapultato sulla Terra con un Clark già adulto e si conosce parte della sua crescita solo attraverso l’utilizzo di parecchi flashback, che a volte confondono dal seguire la linea principale della pellicola. L’atmosfera è cupa, gotica, a tratti dark. Più che assistere ad un film tratto da un fumetto DC Comics, sembra di osservare una moderna graphic novel, ed è innegabile la somiglianza nella fotografia con lungometraggi come 300, e l’Immortals di Tarsem Singh (in cui si era già fatto notare il protagonista, Henry Cavill). Buona la recitazione in generale, in particolare di Amy Adams (Lois Lane) e Laurence Fishburne (Perry White), ma vengono a mancare quei tratti che avevano contraddistinto la saga originale; non c’è ironia, manca quella parte comica o comunque a tratti buffa che Gene Hackman riusciva a dare col personaggio di Lex Luthor (assente in questa pellicola come del resto Jimmy Olsen).
I nemici, poi, appaiono fin troppo perfetti e invincibili, al contrario della truppa classica del Generale Zod che, per quanto dotata di superpoteri, appariva goffa e surreale. Lo stesso Superman sembra un eroe “oscuro”, del tutto distante da quella figura patriottica che regalava sorrisi ai bambini e che recitava frasi ad effetto con cui era stato concepito nel fumetto originale. Il film non si può definire deludente, anzi è ben fatto, costruito egregiamente e forse ha riunito tra regia, troupe e cast il meglio che oggi si possa desiderare in una pellicola d’azione. Ma manca qualcosa, quell’anima del supereroe che entusiasmava i fan e che faceva sognare nel vederlo svolazzare col suo mantello rosso. Non a caso, forse, il titolo scelto è Man of Steel, perché è una gran pellicola, ma non è Superman.