La strada delle rincorse è stata chiusa per mancanza di frequentatori che forse – non si sa bene quando – vi ritorneranno solo per scappare. Non abbiamo bisogno di rincorse, non abbiamo di cosa preoccuparci, non abbiamo fretta.
Le manchevolenze sono storie che mancano. Emettono rumori di fondo che non si lasciano distinguere, si estinguono lungo strade percorse dove il passo chiede il permesso a quello che, invece, il permesso ce l’ha. Si permette di dirlo, per una questione di manchevolenza, perché ciò che non è permesso non è consentito.
Consento. Mi consento di dirlo perché riesco a sentirlo, con-sento. Senti anche tu, tanto per, e ti perdi in chiacchiere, non riesci a capirlo che quello che senti ha radici nei sentimenti e che il tanto per si fa per dire, ma dire cosa e soprattutto per chi?
Ci si affatica a parlare tanto più che a sentire. Siamo impiegati alle fatiche, e a quarant’anni riceveremo la prensione d’invalidità, invalidità all’ascolto. Mastichiamo bene, il nostro cibo, siamo ben abituati a farlo che quando manca, continuiamo a rosicare.
Permettiamo agli altri qualcosa, senza permesso, e ancora una volta per qualcuno che mettiamo nella lista dei mancati. Permettiamo quando non siamo sicuri, e subito dopo tutto è permesso, per messo. Chi sia questo qualcuno per cui ci impegniamo è una questione di manchevolenza nelle interpretazioni e nei sensi, i cinque sensi che delle volte esistono tanto per.
Ci preoccupiamo e preoccupiamo qualcosa. Occupiamo un posto nel mondo, ma non ce ne occupiamo più di tanto. Vogliamo stare dentro e fuori, e quindi ci pre-occupiamo, così, tanto per. Quello che non occupiamo noi lasciamo che venga occupato dagli altri ma quando ce ne occorre ci impegniamo a disoccuparlo, riappropriandocene. Siamo di proprietà privata ma non tardiamo a diventare pubblici nell’operato. Questo è il nostro operato, e questo è l’anestetista. Operiamo!
Sedatelo, anche se è preferibile prima farlo sedere piuttosto che sedare – è sempre una questione di manchevolenze del linguaggio. Sedetelo bene, così che non possa scappare, o almeno, così pare. Non ho mai visto qualcuno scappare da una sedia, averne paura e seminarla. Sarebbe difficile piantare una sedia, così, su due piedi. Ci son sempre gli altri due piedi del tavolo che aspettano che qualcuno li mangi, per manchevolenza di galateo. Eppure non verrebbe difficile far loro il solletico per smuoverli da lì, per farli ridere, tanto per.
Siamo sempre noi a ridere. Ridiamo per ogni cosa perché è difficile piangere, bisogna abituarsi. Si nasce imparati. Ho visto neonati che non fanno altro che ridere, altri che non la smettono di piangere, e in entrambi i casi si preferisce il neonato che sorride, opprimendone il pianto e disabituandosi all’ascolto del lamento. Si fa prima a stare zitti.