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Mandami tanta vita, frasi [Paolo Di Paolo]

Creato il 26 giugno 2013 da Frufru @frufru_90

DYLAN THOMAS, Twenty-four years

Era il tempo delle lettere (clic)

Nella monotonia della sua esistenza, confidava che un gesto, anche insignificante, un gesto da niente fatto con opportuna concentrazione, con la giusta dose di tensione e di speranza, potesse produrre un cambiamento improvviso.

È appena cominciato, questo 1926, senza promettere nulla di buono. Se non è indietro con gli esami, Moraldo è indietro con le convinzioni. Si spacca la testa sulla filosofia, ma i concetti gli esplodono dentro appena crede di averli afferrati. Kant e Hegel tossiscono alle sue spalle come vecchi zii burberi. Il punto non sarebbe nemmeno capire loro, ma piuttosto sé stesso. Dov'è lui, rispetto a loro. Che cosa pensa di preciso. Qual è la sua ossatura morale. Invidia la facilità con cui molti coetanei sanno dove stare. Nel posto in cui fregarsene di tutto, senza rimorsi; o in quello dove accalorarsi, spendersi, dare di testa. Il posto dove essere qualcosa.

Si può voler bene a qualcuno per ciò che è. Senza nulla intorno. Lui le rispondeva male, sbraitava. Che significa? Ciò che è, ciò che è, si ripeteva nella testa, e sentiva che non avrebbe saputo dirlo, di sé, ciò che era. So dire cosa faccio, cosa non faccio, ed è tutto.

Ama le cose che si ripetono e ama il fatto che si ripetano, considera le abitudini stampelle della vecchiaia, la sola possibilità di non inciampare e cadere.

Il movimento della vita quando comincia, o quando finisce, scalza tutto il resto, è un vento inarrestabile che scompiglia i pensieri.

Vorrebbe accarezzare il figlio, ma sente di avere dita inadeguate al gesto. Una cosa tanto fragile e tanto viva gli pare di non averla mai conosciuta.

Quando smetti di essere un bambino, non te ne accorgi. È una campanella che suona più a lungo del previsto, o semplicemente il risultato di un'estate. Quando smetti di essere adolescente, no, nemmeno di questo ti accorgi. Stai correndo. Stai per perdere un treno. Sei concentrato solo in quella corsa. [...]
E quando smetti di essere giovane?
Lì no, impossibile non accorgersi: una sequela di avvisaglie, di avvertimenti ti incalza, conferma che si sta esaurendo la scorta di benevolenza che il tempo e il mondo ti hanno destinato. Che cosa si guadagna, crescendo? Dove non avresti immaginato conflitti, è proprio là che esplodono, con una violenza che può lasciarti stordito. Non c'è quasi più niente che somigli a un dono. Tutto ha l'aria di una promessa non mantenuta.

Non si arriva all'astrattismo senza passare dal realismo.
I libri - gli mancheranno uno per uno, anche quelli che non sa più di avere. Amati come poco altro al mondo: li sfiora. Hanno dato senso alle giornate, le hanno riempite. [...]
Tanto i libri non si muovono, Piero - lei lo guarda dalla soglia dello studio, i libri aspettano, si caricano di polvere, diventano fragili e gialli come le mani dei vecchi, però restano.

Non gli è mai capitato di scriverne, ma forse vengono così, le poesie: senza dare il tempo di provarne vergogna.

Non si torna indietro dalle parole dette, non si recede dalle convinzioni.

Dunque la vita è soprattutto questo? Ciò che non lascia traccia.

Sarebbe comodo essere chiocciole con il guscio addosso, casa sempre sulla schiena. Siamo animali che soffrono all'addiaccio e non sanno scavarsi tane.

Dove resta scritto, dove resta segnato l'amore che facciamo? Il piacere, esiste solo provandolo. Tutta la concentrazione del mondo, un minuto dopo, non servirebbe a riafferrarlo là dove è svanito.

Per scrivere, per parlare, si è costretti a cambiare luogo, a strapparsi le radici dai piedi?

C'è sempre qualcosa di maestoso nell'avere davanti agli occhi gli occhi di chi ha formato la tua mente.

Si rimetterà in forze. Ammalarsi non è che una nostra distrazione, un cedimento. Se stessimo sempre all'erta, se non ci distraessimo mai, forse non ci ammaleremmo. Forse è solo per distrazione che moriamo.

Un libro, quando è diventato un libro, è una cosa nuova, una cosa che prima non c'era, non c'era in natura e adesso esiste, come un essere umano al primo vagito, come una pianta, come ogni genere di cosa che cresce.
Ritiene di essere passato molto vicino a qualche cosa di importante, che poteva cambiargli la vita. Ritiene che non è semplice riconoscere queste occasioni: nel corridoio della realtà, sono porte che si aprono improvvise, passa qualche minuto, un'ora, il vento le fa sbattere per un po', poi le chiude. Ritiene che, non potendo aspettarsi niente di preciso, poteva perciò aspettarsi tutto. Sta per convincersi, si è già convinto che addentrarsi e sostare nello spazio imprevedibile, convulso dell'esistenza di lei, non gli avrebbe tolto ma aggiunto. Aggiunto qualcosa che adesso non ha. Non sa, non può immaginare cosa.

Esiste davvero qualcosa che possa lasciare traccia, in questa eterna confusione del mondo? Un'azione, un gesto umano in grado di modificare il corso delle cose? Si può agitare l'acqua di un lago con la forza delle nostre dita? Il tempo di una singola vita umana non permette di misurare il risultato di una battaglia, ma non per questo perde senso lottare. È così, monsieur, è vero? Potrebbe chiederlo al tassista. Potrebbe aprire il finestrino e domandarlo ai passanti, gridare Le idee, almeno le idee, ci sopravvivono? Forse anche i sentimenti. Bisogna restare politici nel tramonto della politica. Proverà a non diventare mai uno di quei padri che sorridono agli entusiasmi, ai sogni dei figli, che alzano le spalle e li trattano da illusi. Infinite volte è capitato anche a lui di essere liquidato come un ingenuo, con quel paternalismo, con il disincanto di chi ha già perduto la propria battaglia. Vorrebbe, in questo, non diventare mai come gli altri, come gli adulti.

Ragiona su quanto siano diverse, da vicino, le persone che abbiamo idealizzato. Le abbiamo astratte dalla realtà sino a farne i nostri feticci, i nostri fantasmi. Che ne è, per esempio, dell'aria spavalda che gli attribuiva? Che ne è della forza, della sicurezza. Del piglio fiero con cui, a passi svelti, sembrava sempre diretto verso un luogo preciso. Adesso, accanto a lui, l'oggetto della sua ammirazione, della sua invidia, del suo rancore sembra sperduto. Fragile al punto che da un momento all'altro potrebbe svanire, dissolversi, lasciando vuoto e inerte sulla panchina, come un guscio, il cappotto spesso.

Sentire di non aver fatto abbastanza per evitare ciò che comunque non è possibile evitare, avere per un minuto, all'improvviso, la sensazione che non sia accaduto niente, che si può aspettare anche chi non può tornare, che si possa fare soltanto questo: aspettare, nelle stanze rimaste vuote, intoccabili, congelate, fino a che piomba in un'ora del pomeriggio tutto insieme il peso dell'assenza - devastante, lugubre, senza speranza - o dentro notti infinite, tormentate e nere come questo inchiostro, fino a che con ogni atomo di noi, a una profondità che ci toglie il respiro, sentiamo l'irrimediabile, e che tutto questo è reale, reale come la vita che continua, mentre di un uomo si è costretti a dire era, è scomparso - e una parte di noi con lui.

♥ I miei scarabocchi su "Mandami tanta vita", Paolo Di Paolo

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