Se dico Gargano, cosa vi viene in mente? Le spiagge di Peschici e Vieste, certo. San Giovanni Rotondo, ovvio, meta spirituale tra le più visitate del Sud Italia. Magari anche le foreste del Parco Nazionale, se amate la natura allo stato puro. Difficilmente però il primo pensiero corre a Manfredonia, che del Gargano è la principale porta d’ingresso. Forse proprio questo è il motivo: di solito la si attraversa velocemente, senza fermarsi, diretti altrove, attratti da altro. Io invece per una volta mi sono fermata proprio a Manfredonia e ho scoperto una città ricca di storia, tesori d’arte e anche qualche…mistero, che non solo non conoscevo, ma proprio non mi aspettavo.
Il pretesto del mio viaggio è stato il Carnevale, tra i più popolari di tutta la Puglia, che coinvolge praticamente tutta la cittadinanza e richiama migliaia di persone dalla provincia e oltre, ma di questo trovate informazioni più approfondite qui e qui. Ora invece seguitemi in 5 luoghi per cui Manfredonia e dintorni valgono una sosta e, ne sono certa, rimarrete anche voi intrigati dalle storie custodite da questa cittadina di mare ai piedi del Gargano.
Il Castello Svevo
Come avrete facilmente intuito, la città deve il suo nome a Manfredi, figlio di Federico II di Svevia, giovane biondo e di bell’aspetto, o almeno così lo rappresenta un murale in piazzetta del Mercato.
Per proteggere la città dalle incursioni nemiche, Manfredi fece costruire il possente Castello Svevo Angioino Aragonese che troneggia sul lungomare, imprescindibile prima tappa di ogni visita della città. Originariamente aveva forma quadrata, ma in seguito la struttura fu rinforzata con la costruzione di torri circolari (da parte degli Angioini) e in seguito da una seconda cinta muraria, aggiunta dagli Aragonesi, che però non fu sufficiente a respingere il terribile assalto dei Turchi che nel 1620 misero a ferro e fuoco la città.
Ciò che mi ha maggiormente affascinato nella visita del Castello è stata la collezione di Stele Daunie del Museo Archeologico Nazionale, ospitato nelle sale al piano terreno. Si tratta di lastre di pietra decorate che probabilmente venivano utilizzate come stele funerarie dagli antichi Dauni che popolavano l’area di Siponto in epoca pre-cristiana. Diverse una dall’altra, sono documenti unici che riportano scene figurate di eventi e vita quotidiana, rivelando nel linguaggio della pietra miti e riti delle popolazioni locali.
La Chiesa di Santa Chiara
Rimasta a lungo abbandonata, forse non del tutto casualmente, è un luogo che cela misteri ancora tutti da svelare. Oltre agli altari barocchi in marmo e legno intarsiato, alle dorature e alle statue di santi, infatti, ci sarebbe dell’altro…Almeno stando al racconto fatto di mezze frasi di Michele Telera, musicista e “custode” dell’edificio, nonché depositario dei suoi segreti, che abbiamo avuto la fortuna di incontrare durante la nostra visita, sebbene non fosse neanche giovedì, unico giorno di apertura della chiesa al pubblico.
Stando a Telera, che negli ultimi vent’anni ha recuperato arredi e architettura con pazienza e passione, qui nulla (o quasi) è ciò che sembra. A cominciare dalle tele degli altari laterali, che celerebbero in realtà messaggi occulti non ben precisati. Mentre l’intero edificio coprirebbe…qualcos’altro. Cioè il vero mistero della Chiesa di Santa Chiara. Cosa? Non è dato sapere. Ovviamente non mi accontento della risposta sibillina di Telera e, fatta una veloce ricerca su Internet, scovo questo video in cui lui stesso svela l’arcano (o almeno parte di esso).
La Basilica di Santa Maria Maggiore
Gioiello dello stile romanico-orientale pugliese, è tutto ciò che resta dell’antica Siponto, rasa al suolo da un terremoto nel Duecento e in seguito invasa da paludi malsane. Se arrivate nel tardo pomeriggio, come è successo a me, rimarrete letteralmente folgorati dalla vista della facciata accarezzata dagli ultimi raggi del sole. Ma non lasciatevi incantare dalle apparenze, perché in realtà le chiese sono due, non una. Sotto la Basilica Superiore si apre infatti una cripta con un tempio più antico, perfettamente conservato, con colonne e capitelli diversi uno dall’altro. Una meraviglia!
La Chiesa di San Leonardo
Quello che colpisce della chiesa che sorge lungo la SS 89, dove oggi sfrecciano le auto e che un tempo era invece percorsa dai pellegrini diretti a Monte Sant’Angelo, è il prezioso portale in pietra, decorato finemente come un merletto. Ma le sorprese non finiscono qui, perchè l’interno è carico di simbolismi. Attorno all’abside, per esempio, sono appese pesanti catene, oggetti piuttosto insoliti in un luogo di culto. Ma non qui, perché San Leonardo è il patrono dei carcerati e quelle catene sono quindi una sorta di ex-voto donati da prigionieri devoti una volta ottenuta la libertà. Ma ciò che rende davvero unica questa chiesa è il foro gnomonico (praticamente un piccolo rosone aperto) nel soffitto della navata maggiore. A cosa serve? Per scoprirlo bisogna aspettare il 21 giugno. Il giorno del solstizio d’estate, e solo quel giorno, infatti, i raggi del sole penetrano attraverso il foro proiettando un suggestivo fascio di luce sul pavimento della chiesa. Un fenomeno ottenuto con precisi calcoli astronomici e architettonici, che ogni anno attrae una folla di curiosi e devoti.
Monte Sant’Angelo
Un alone di mistero e sacralità avvolge Monte Sant’Angelo, lo si percepisce già lungo i tornanti che scalano la montagna su cui sorge il santuario di San Michele Arcangelo, oltre 800 metri sopra Manfredonia, una strada impervia, percorsa per secoli dai pellegrini diretti al luogo delle apparizioni dell’Arcangelo. Quello pugliese è infatti il più antico dei santuari dedicati all’angelo guerriero in occidente sorti lungo la cosiddetta Linea Sacra di San Michele, che attraversa l’Europa e collega idealmente Mont Saint-Michel in Francia, la Sacra di San Michele in Piemonte e, appunto, il santuario di Monte Sant’Angelo.
Il sito è Patrimonio dell’Umanità, in quanto è uno dei luoghi rappresentativi del potere longobardo in Italia. Anzi di più: era una tappa importantissima della Via Sacra Langobardorum che riunisce impressionanti opere architettoniche medievali, e già questo è un buon motivo per visitarlo. Ma ciò che colpisce è ben altro. Il santuario emana un fortissimo misticismo, lo si avverte fin dall’ingresso, oltrepassando il raffinato portale su cui un’incisione in latino recita: “Quanto terribile è questo luogo! Questa è la casa di Dio, questa è la porta del cielo!”. Da qui, uno scalone di 86 gradini porta alla grotta dell’apparizione dove, nella penombra, risalta la statua marmorea dell’Angelo, posta su una roccia su cui è impressa l’orma di un piede, secondo la tradizione lasciata proprio da San Michele.
All’esterno, il vecchio borgo di Monte Sant’Angelo sembra un presepe bianco in scala reale, da girare rigorosamente a piedi, perdendosi tra vicoli, scalinate, piazzette mignon e passaggi coperti, fino all’antico rione medievale Junno, un balcone affacciato su Manfredonia e il mare