Antonio Manganelli, capo della polizia è morto il 20 marzo scorso. Dietro di sé lascia una scia di polemiche che spaccano in due chi esprime giudizi sul suo operato: da una parte c’è chi lo ammira e dall’altra chi lo denigra, ritenendo ipocrite le sue scuse successive ai fatti del G8 di Genova.
Quando si ricorda qualcuno bisogna ricordare anche le cose scomode: Manganelli fu lo stesso che autorizzò il pestaggio di centinaia di terremotati aquilani fuori a Montecitorio, il 7 luglio 2010.
Le scuse di Manganelli sono apprezzabili, ma non bastano, sono aria al vento.
Può anche aver chiesto scusa, ed è un gesto da apprezzare, ma chiedere scusa a chi non riesce a dormire la notte perché a distanza di più di 10 anni ha ancora gli incubi, senza affiancare alle scuse le azioni di condanna nei confronti di chi ha partecipato e ordinato la mattanza di Genova, sinceramente, sa un po’ di poco.
Cosa succederebbe se chiedessero scusa i 10 condannati per devastazione e saccheggio per i fatti di Genova, potrebbero ricevere la grazia da parte del Presidente Napolitano?
Per quanto è successo a Genova nel 2001, il Vice-Capo della Polizia, a prescindere se fosse presente o meno, ha comunque delle responsabilità in quanto rappresentante dei vertici della polizia e, forse, in qualsiasi altro paese che si può definire civile tali vertici si sarebbero dimessi dopo la gestione della piazza in quei giorni di luglio del 2001.
Ancora una volta, due pesi e due misure, ed ancora una volta queste differenze vengono create dallo Stato e perseguite dai media.
Sicuramente fanno riflettere le parole di Lino Aldrovandi, il papà di Federico: “ In questa storia il capo della Polizia Antonio Manganelli fu uno dei pochi a chiedere scusa e lo fece oltre che in privato davanti al mondo non nascondendolo, e non posso dimenticare. Poi ognuno la potrà pensare o in un modo o in un altro,giustamente o a torto. Io personalmente per chi mette la faccia e non si nasconde dietro un dito nutro rispetto. In quell’ora e 45 minuti del settembre di due anni fa, in cui il capo della polizia chiese di incontrarci, ben prima (8 mesi prima) cioè che la Cassazione condannasse definitivamente chi uccise e di fatto disonorò quella divisa (parole delle sentenze), mi fecero conoscere in quel piccolo lasso di tempo l’uomo Manganelli. Eravamo in 5 in quella stanza quella mattina di sole, e le sue parole “umane” ed il suo sguardo erano sincere. Come Patrizia mi avvicino alla sua famiglia, come alle tante famiglie colpite negli affetti nella maniera più crudele che possa avvenire, la perdita straziante di un proprio caro attraverso le mani di chi quella vita avrebbe sempre l’obbligo e il dovere di proteggerla. Le condanne della Diaz e dell’uccisione di Federico, con le sue scuse, in attesa magari in futuro di tante altre piccole giustizie, furono quasi un gesto diverso, oserei dire un poco “rivoluzionario”.
Nella speranza che vi sia veramente un paradiso, un mondo fantastico giusto e buono da qualche parte, oso pensare che Federico, Antonio, Giuseppe, Stefano, Michele, Carlo, Gabriele, Dino e chissà quanti altri… chiariscano in pace e serenità tante cose, magari mandandoci un segnale di una piccola luce da ammirare… nella buona volontà di altri uomini. Qui noi sulla terra dobbiamo continuare a lottare affinchè appunto quei gesti “rivoluzionari” di civiltà possano proseguire, cominciando anche a licenziare chi abbia a macchiarsi di simili atti ingiustificati e ingiustificabili…, per rispetto di chi ama ed “ha amato quella divisa”.