Magazine Psicologia
Ho da poco partecipato alla riunione dell'associazione Ande (Associazione Nazionale Displasia Ectodermica) grazie alla presidente Giulia che da anni mi invita a partecipare alle conferenze dell'associazione e, complice il panorama meraviglioso che si godeva dalla terrazza conferenze e il gustosissimo cibo siciliano, mentre con un'orecchio ascoltavo gli interventi dei relatori con l'altro ascoltavo i bambini chiacchierare e mi guardavo intorno.
Molte famiglie erano venute con i loro bambini, i quali giocavano, chiacchieravano, si annoiavano, volevano assolutamente entrare in piscina, e mangiavano... più o meno!
Riflettevo sulle complicazioni che porta questa patologia nella vita quotidiana di questi bambini, e mi sono resa conto che le problematiche legate all'edentulia vanno ben oltre ai disagi per le eventuali dislalie che si possono presentare, dato che manca uno dei riferimenti fondamentali (i denti appunto) che fungono da bussola alla lingua perché possa orientarsi all'interno della bocca e trovare i giusti punti di articolazione.
E parlando, poi, con i genitori mi sono resa conto che spesso questi bambini, sopratutto nella primissima infanzia, ma non solo, presentano difficoltà e nell'alimentazione, legate a volte alle difficoltà di deglutizione e di masticazione, a volte alla consistenza dei cibi e, non raramente, anche a disturbi del tratto gastro intestinale. Inoltre nel corso della loro crescita questi bambini subiscono invasioni "barbariche" da parte di protesi più o meno stabili, più o meno comode, più o meno accettate dal bambino stesso.
Se partiamo dall'assunto che l'esperienza del cibo si comincia alla nascita con la prima poppata, (e volendo ancora prima, quando il bambino succhia il liquido amniotico e ne prova piacere), e si continua durante tutto l'arco della vita, con una impennata nel periodo dello svezzamento e degli anni dell'infanzia, dove si dovrebbe provare il piacere di sperimentarsi a gustare il cibo non solo per il sapore, ma anche per la consistenza e la (texture), certamente il percorso dei bambini con displasia ectodermica, e di tutti quei bambini che presentano difficoltà a nutrirsi fin dalle prime poppate sarà costellata di ostacoli, di sfide, di vittorie e di sconfitte.
Bisogna tenere presente che le sfide incontrate dai bambini che hanno difficoltà ad alimentarsi (e da questa categoria escludo i "capricciosi" che non vogliono le verdure, ma le patatine sì!) possono essere legate sia ad un fattore meccanico: quindi ad un non corretto movimento o sviluppo degli organi che coinvolgono il succhiare, il masticare, la preparazione del bolo e la deglutizione; sia ad una non sperimentazione di consistenze e texture di cibo: dato che fanno fatica ad alimentarsi si tende a nutrirli con quei cibi sperimentati che il bambino accetta volentieri; sia a difficoltà digestive: quindi il disagio che si prova dopo aver mangiato supera di gran lunga la voglia di mangiare!
Tutto questo porta ad una fatica sia del bambino, sia dei genitori che spesso non sanno come affrontare il problema, che rende il momento del mangiare un vero incubo! Tale fatica inoltre può compromettere la vita sociale di tuta la famiglia (non si esce a mangiare perché altrimenti il bimbo non mangia!) e del bambino stesso, che a scuola ed in mezzo ai coetanei divoratori anche di gambe di tavolo, può provare disagio.
La displasia ectodermica li può coinvolgere tutti e tre, con una spiccata prevalenza della prima problematica che inevitabilmente porta alla seconda, e a cascata al disagio legato al cibo.
Come affrontare tutto questo? Nel centro LogoPaideia abbiamo iniziato a curare tutto questo.
Viviana Gaglione
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