Ieri sono arrivato all’aeroporto di Tokyo in gigantesco ritardo, visto che causa disastri recenti la linea che usavo io e’ stata soppressa. E io lo sapevo pure, solo che mi era passato di mente. Quindi sono dovuto andare fino a Nippori e prendere lo Skyliner.
Poi una volta arrivato al Terminal 1 di Narita ho fatto il check-in, dove la tipa mi ha comunicato che non mi era stato assegnato un posto: dovevo andare al gate per sapere dove mi sarei seduto. La cosa mi ha lasciato un po’ interdetto, non mi era mai successo – e gia’ a quel punto avevo lasciato partire il pregiudizio nei confronti di Alitalia, temendo chissà quali casini da lì al mio imbarco. Tipo overbookiing, o cose del genere.
E invece no: semplicemente, mi avevano upgradato alla business class, per un motivo a me sconosciuto. Forse data l’emergenza hanno massimizzato i posti per gli italiani, e avendo io prenotato da mesi forse sono stato messo lì per quello. Forse, o forse anche no, dato che in aereo erano tutti giapponesi. Di italiani, sinceramente, ne avrò visti due o tre al massimo. Qualche spagnolo, e fine degli occidentali.
Ora immagino vorrete che io dia il voto al viaggio. Mah, l’aereo era vecchiotto, ad essere sincero, ma va bene. Ovviamente in business si viaggia bene, anche se la classe omologa di altre compagnie (tipo la Thai, per dirne una) è tutto un altro pianeta. Qui non mi hanno nemmeno dato la solita bustina con le ciabattine ecc, per dirne una. Voto: 6.
Il personale e il servizio sono naturalmente italian style. Ti trattano bene, ma poi li senti chiacchierare rumorosamente e ridere come se fossero amiconi in vacanza, o animatori turistici. Per uno abituato alla professionalità giapponese questo è un comportamento che urta. Magari ai giappi piace, in fondo per loro il massimo in un viaggio in Italia è vedere quanto siamo trogloditi, sentire gente che urla e vedere coppie che limonano ovunque, come da stereotipo. A loro piacerà, ma a me no. Voto: 5.
Cibo: esaltante. Ho mangiato dei panzerotti buonissimi, una crostata che neanche al ristorante, un piatto di formaggi di montagna e soppressa da lacrime agli occhi. Fantastico. Voto. 10, e lode.
Poi sono arrivato a Roma. Bell’aeroporto, ero nell’ala nuova. Si respira fashion ovunque, e poi l’odorino di panini e caffé mi ha fatto impazzire. Poi Venezia, tutto ok, sono atterrato verso le 10 di sera. Nulla da segnalare, se non i giappi che avevo seduti dietro e che mi hanno ringraziato per dieci minuti dopo che ho detto loro “guardate che Venezia è di là”, mentre stavano fotografando Porto Marghera in atterraggio. Il mio vicino di sedile, italiano, nel frattempo ha fatto una faccia tipo Urlo di Munch a sentire un italiano che si fa amabilmente i cazzi suoi ma che a un certo punto si gira e inizia a discorrere in giapponese con quelli dietro. Priceless.
Ah, farei una menzione anche al succo di arance rosse che ho preso in aereo e che magari a voi non dice niente, mentre a me ha fatto scendere una lacrima. Voi non potete capire cosa patisce un italiano all’estero ad essere privato di certe piccole grandi cose.
E oggi sono qui, alle 7:38, sedutoascrivere-lasciamoperderedove, pronto per fare le millemila cose che mi attendono in questi giorni. Scopo della vacanza: riuscire a ingrassare meno di 3 chili in una settimana. Ci riuscirò? Mi sa di no…
Mi sa che mi tocca andare a correre quando torno a Tokyo, alla faccia delle radiazioni…