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Mani Fasciate

Creato il 22 novembre 2012 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Mani Fasciate

 

Anno: 2012

Durata: 50′

Genere: Documentario

Nazionalità: Italia

Regia: Vincenzo Notaro

Dalle sue origini fino ai giorni nostri, il cinema pugilistico ha conservato una fedele metafora: quella dell’uomo comune, capace di raggiungere l’agognato riscatto sociale attraverso la pratica della noble art. L’ultimo diviene primo indossando i guantoni, incassando, colpendo, rialzandosi a fil di campana, subito dopo essere andato al tappeto: sangue, sudore e lacrime. Muscoli indolenziti, visi tumefatti e acido lattico. Prima che documentarista, Vincenzo Notaro, autore di Mani Fasciate (2009), si dimostra quindi un abile storyteller, in grado d’individuare un racconto/soggetto altamente cinematografico solo successivamente inserito nelle dinamiche di genere, firmando in calce una creatura che tanto trasuda di realtà, proprio perché figlia della visione di tanta “fiction” cinematografica.

Mani Fasciate resoconta la parabola di Mario Pisanti, pugile pontino per ben 5 volte Campione italiano Dilettanti, giunto ad un ciuffo d’erba dalle Olimpiadi di Atene 2004. Mani Fasciate racconta l’inizio, la momentanea fine e la difficoltosa rinascita del Pisanti pugile, la sua cocciuta voglia di riprendersi ring e tutto quanto la vita sembrava avergli sottratto in un battito di palpebre. Padre, marito e parcheggiatore di giorno, pugile all’imbrunire e all’alba: Notaro cuce sulla figura di Pisanti una personale rilettura del personaggio “beckettiano”, un Godot di provincia che alla continua attesa dell’occasione giusta, quella definitiva, che non sembra arrivare mai, risponde con le armi di sempre: tenacia, cuore e rabbia.

Mani Fasciate parla la lingua delle strade che scruta, si nutre della sana normalità che rappresenta, gente orgogliosamente comune, “working class hero” semplice e appassionata, che circonda Pisanti accudendolo, motivandolo e spronandolo. Diretto con piglio sporco e aggressivo, Mani Fasciate incolla l’obiettivo al profilo del suo protagonista come legasse delle bende alle nocche di un pugile, lo segue frenetico, “a spalla”, immergendo con successo chi guarda nel microcosmo che intende analizzare e riverberare.

Il feedback giunge diretto, immediato ed efficace, merito di una storia mai così cinematografica per essere vera e sopratutto per una regia in grado di lasciar trasparire sprazzi di maturità che hanno nell’Darren Aronofsky di The Wrestler (2008) la fonte d’ispirazione maggiormente riconoscibile; si noti, a tal proposito, il passaggio cadenzato dal montaggio alternato che sovrappone l’ingresso sul ring di Pisanti alla rampa percorsa da quest’ultimo poco prima di recarsi a lavoro, né più né meno quello che avvenne a Mickey Rourke in uno dei frangenti emotivamente chiave di The Wrestler. Niente male insomma, per un “piccolo documentario”.

Luca Lombardini


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