Ci vogliono coraggio e una buona dose di incoscienza per avvicinarsi al disturbante Maniac, indimenticato cult firmato da William Lustig ed interpretato da un Joe Spinell in stato di grazia. Coraggio ed incoscienza dicevamo, soprattutto se si decide di far interpretare il maniaco del titolo a Frodo Baggins in persona, ossia Elijah Wood. Eppure il film funziona e bisogna ammettere che, cosa piuttosto rara per l’horror, trova una propria strada, affrancandosi dal classico di riferimento, cercando insomma di essere qualcosa di diverso e non solo una moderna fotocopia dai colori sgargianti, del lavoro di qualcun altro. La trama è piuttosto semplice, non che notissima a tutti gli appassionati, Maniac infatti segue le gesta di un serial killer cacciatore di scalpi, determinato a dar vita, ovviamente nella sua fantasia malata, ai manichini che da sempre lo circondano e lo ossessionano. Quello che fece Lustig, in un periodo in cui nessuno lo aveva ancora fatto in maniera così malata, lercia e quasi documentaristica, fu dar vita ad una biografia di serial killer a metà strada tra il ripugnante ed il patetico, sviluppando così un’inconscia empatia tra lo spettatore e il pazzo protagonista. La buona notizia è che questa nuova versione mantiene invariata quell’empatia, se possibile addirittura rendendola più palpabile e distonica, il film infatti è girato in prima persona, sfruttando la visuale del killer, creando quindi ad un tempo, sia un espediente narrativo coinvolgente, che un sentiero per sperimentare qualcosa di nuovo, spesso di azzardato. Guardando lo svolgersi degli eventi attraverso gli occhi del killer, non solo ci troviamo a trepidare per lui, ma addirittura ci scopriamo a desiderare ciò che lui desidera, abbattendo di fatto e in maniera non banale, l’invisibile barriera tra cinema e spettatore. Più di una volta lo spettatore-killer si troverà a condividere e convivere suo malgrado con la sgradevole sensazione di sentirsi sporco fin nel profondo dell’anima, lordo di sangue ed ebbro di follia. Maniac non ha probabilmente la forza dirompente del suo antesignano, ma pur soffrendo di quella patinata compostezza tipica degli horror dell’ultimo periodo, non ha perso un grammo di quella carica eversiva che conquistava nell’originale, su tutto il finale, che mantiene inalterata la sua putrida, repellente e malatissima soluzione, che ancora oggi ne rende quasi insopportabile e sicuramente indimenticabile, la visione.
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