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#MANiCURE Season Finale: L’uomo della libreria

Creato il 31 luglio 2014 da Signorponza @signorponza

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Benvenuti miei cari nel season finale di questa stagione pazzescherrima di #MANiCURE. Un prima stagione davvero entusiasmante! Un saluto anche a tutti gli abitanti di Zerbolò. Che a quanto pare sono i più numerosi a visualizzare queste pagine! Non posso non ricordarvi di mandarci in nomination ai #MIA2014. E poi ovviamente di votarci. Insomma sono conseguenti le cose! Detto ciò, spero che ne abbiate avuto abbastanza di patate negli ultimi giorni, perché, ovviamente, come ogni settimana da queste parti si parla di tutt’altro. Ma vi agevolo il punto.

L’uomo della libreria

Qualche giorno fa ho deciso che dovevo assolutamente fare un salto in libreria. E che lì avrei incontrato, finalmente, l’uomo della mia vita. Stufo dei drammi che giornalmente mi affliggono, dovevo assolutamente dare una botta di vitalità alla mia incurabile tristezza. Ma forse mi aiuterà la geografia in questo. Ad ogni modo ero lì che facevo finta di cercare una guida per le vacanze. Siccome avevo deciso che volevo conoscere un uomo ricco, gli occhi mi cadevano solo e soltanto su mete notoriamente costose, tipo l’America o l’Australia.

Dopo venti minuti di assoluta noia, e dopo aver fatto finta di sfogliare almeno tre guide diverse, noto, di sottecchi, che finalmente qualcuno mi stava guardando. Alto q.b., rasato, fisico muscolo ma leggermente ingrassato. Un tipo interessante, sulla quarantina. Decido allora di guardarlo. Insistentemente. Anche lui ricambia i miei sguardi, ed io finalmente faccio una ola internamente. Ma con discrezione. Non volevo dare l’impressione della disperazione. Einvece. Dopo dieci minuti di sguardi e di sfogliare guide finalmente si avvicina. “Scusa, secondo te tra la Lonely Planet e la Mondadori qual è la migliore…?” mi dice serio.

Macheccazzoneso? “Io ho sempre preso la Lonely Planet. E devo ammettere che contiene una marea di cose interessanti. Ad esempio gli itinerari per le passeggiate, io li ho trovati davvero molto utili” dico con una certa padronanza della situazione. “Senti, sicuramente hai delle tesi interessanti. Ti va un caffè? Andiamo qui al bar della libreria, così decido bene quale guida scegliere? Sai, mi fa tristezza andarci da solo, però ho bisogno di un caffè” dice. Che carino. Mi sta invitando per un caffè ed io non so minimamente cosa fare. Tra l’altro ci ritroviamo inevitabilmente in una situazione in qualche modo intima, ed io ignoro il da farsi. Durante il caffè parliamo del più e del meno, e scopro che fa il mio stesso lavoro, e che vive da solo. Non solo ci scambiamo pure i numeri di telefono. Benissimo.

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Due giorni dopo. Ci scriviamo incessantemente e decidiamo di vederci. Da lui. Riparliamo fitto fitto per un’oretta, e lui fa anche diverse battute. Ridiamo, e stranamente siamo anche sulla stessa lunghezza d’onda. Adesso, cosa volete che avremmo fatto ancora? Ecco, di lì a poco ci siamo trasferiti in camera da letto, e ne abbiamo fatte di ben donde. Ed è proprio in camera da letto che io iniziavo a mostrare tutto il mio disappunto. Ma solo ed esclusivamente a me stesso, ecco non mi sarei sognato minimamente di dirgli niente.

Primo dettaglio devastante: bacia da schifo. Dimenticate la lingua. Era un accessorio che non riusciva affatto ad utilizzare. La sua lingua sembrava ubriaca e priva di ogni armonia con la mia. Era lì che entrava ed usciva dalla mia bocca, fuori tempo e senza un minimo di coerenza. Per di più non era affatto vigorosa. Lui la lasciava fare, come se vivesse di vita propria, e soprattutto era talmente inutile che avrei provato più piacere limonando da solo e ribaltando su stessa la mia lingua. Una tragedia, che avevano fatto scendere immediatamente le sue quotazioni.

Ovviamente non è che potevo alzarmi e rivestirmi. Decisi assolutamente, vista la situazione, di dimenticare quel piccolo ed ingestibile dramma. E ci aveva pensato il suo augello a farmi dimenticare tutto. Era enorme. Lungo. Largo. E duro, a dispetto dei suoi 41 anni. Molto duro. E lo sapeva usare anche con una certa maestria. Ecco per un momento, io avevo dimenticato tutte le menate che il mio cervello solitamente mi faceva, e mi stavo godendo a pieno quella situazione. Tutto finalmente andava per il migliore dei modi, e quella che poteva essere una scopata devastante, in realtà stava recuperando. Le sue quotazioni stavano salendo. Ancora.

Esaltato dal momento abbiamo entrambi raggiunto l’obiettivo. Ma li, in quel preciso istante, qualcosa si era mosso in me. Qualcosa mi diceva che le cose erano cambiate, ed io ero già una persona diversa. Sì. Era una persona che da un momento all’altro doveva andare al bagno. Dovevo farla tutta, inaspettatamente, ed anche con una certa urgenza. Come una qualsiasi Iva Zanicchi in diretta tv, io stavo letteralmente impazzendo. In realtà non era uno sguaraus nella norma. No. Niente affatto. Avevo il sentore che quello che doveva uscire era una vera e propria sciolta. E dovevo fuggire. Scappare. Come se non ci fosse un domani, dovevo assolutamente tornarmene a casa. ASAP.

Lui non aveva alcuna intenzione. Lui non voleva che io andassi via, né tanto meno voleva fermarsi lì. Voleva ricominciare. Ancora. Io iniziavo a sudare a freddo e a sentire strani dolori dall’interno che neanche in una puntata di “Non sapevo di essere incinta!”. Da quando poi ho scoperto di avere duemila intolleranze alimentari, quando mi prende così la fine è vicina. Ed è inesorabilmente devastante. Vado in bagno, diretto, e mi do una sciacquata al volo, mentre lui decide di fare una doccia. “Vuoi fare una doccia anche tu?” mi chiede dolcemente. Io ero già seduto sul bidet che mi lavavo per bene “No, no, grazie!” rispondo vago.

Torno in camera e mi rivesto. E lo aspetto. Passano quasi dieci minuti e finalmente ritorna. “Vabbè, senti, io scappo. Sai domani ho una giornata devastante, e preferisco non fare tardi” dico credendoci molto. “Ma come, non sono neanche le 21. Pensavo che potevamo mangiare una cosa assieme, tanto non è tardi!” dice lui. CHEDOLCE! Ma quale mangiare? Così è la volta che muoio definitivamente, mentre altri crampi mi devastano. “No, no grazie, poi sai cosa mangiamo? Io per via delle intolleranze non posso davvero mangiare niente”, sottolineo. Ma lui non era del mio stesso parare.

Ricomincia ad accarezzarmi, e a baciarmi il collo. Poi l’orecchio. Io stavo impazzendo. DOVEVO CAGARE. Assolutissimamente. Mentre trovavo in me una scusa, qualcosa trovava invece la via d’uscita, e mentre la sua lingua indugiava sul lato destro del mio collo, io, in maniera del tutto incontrollata, ho scorreggiato, producendo un devastante rumore, e sperando davvero che si azionasse una botola sotto i miei piedi. Non volevo alzare lo sguardo. Non volevo guardarlo in faccia. Per il resto della mia vita. Avevo appena scoreggiato, a casa di uno sconosciuto. E lui mi aveva sentito.

Inorridito di me stesso e della mia peristalsi intestinale non osavo alzare lo sguardo. Ero la cugina scema di Sandy dai mille colori per via della mia faccia che ne aveva assunti almeno una ventina nel giro di dodici secondi netti. L’imbarazzo era cocente, e anche lui non  stava parlando. Non sapevo proprio che pesci prendere. Poi, nella mia testa ho inevitabilmente pensato a Laura Pausini, che ieri ne ha fatta una peggio di me, ma sempre complementare e senza pensarci due volte l’ho detto anche io. “Yo la cago come a todas” ho sorriso e me ne sono andato via, chiudendomi la porta alle spalle.

Ecco, ho più di un motivo adesso per non rivederlo più. Anche lui. A voi, invece, vi aspetto dopo le vacanze. Sempre da queste parti! Perché il dramma, è sempre dietro l’angolo. Buona estate!

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