I Death On/Off li conosciamo bene, ci siamo occupati spesso di loro e della loro visione iconoclasta della musica, probabilmente abbiamo anche accennato alla loro parentela con un nome storico della scena hc italiana. I Mannaia, al contrario, ve li presentiamo oggi e anche per loro suggeriamo la presenza di nomi noti del giro, gente con un passato di tutto rispetto che non andiamo a svelare oltre, vista la volontà di concentrarci su quanto la nuova realtà propone oggi. Se lo stile dei Death On/Off si può ascrivere al grind con virate verso il death o verso l’hardcore più sanguigno, nel caso dei Mannaia la base è un death old-school feroce e ricco di stacchi, su cui si innestano una patina di crust e un tiro decisamente hardcore, il che può sembrar poco ma vale a rendere immediatamente riconoscibili le due formazioni e il loro modus operandi. Ad accomunare entrambe sono il marciume e il realismo della vecchia scuola, quindi niente iper-produzione bombastica, troppo spesso tirata in causa nelle produzioni attuali. Proprio queste affinità offrono un filo conduttore allo split e fanno sì che i gruppi protagonisti si passino il testimone in modo indolore, pur in presenza di un deciso cambio di velocità quando il timone passa ai Death On/Off, visto l’approccio più cadenzato e ricco di groove dei Mannaia. A questo punto ciascuno deciderà in base ai propri gusti personali quale delle due interpretazioni sia più vicina al suo sentire, noi ci poniamo come osservatori imparziali e dichiariamo il pareggio mentre lasciamo andare la testa a tempo. Ci troviamo, infatti, di fronte ad una feroce lezione su quanto l’estremismo sonoro vecchio stile possa ancora risultare letale e perfettamente in grado di lasciare cicatrici profonde.Le nuove generazioni dovrebbero prendere appunti.
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