Manoel de Oliveira (1908-2015)

Creato il 03 aprile 2015 da Af68 @AntonioFalcone1

Manoel de Oliveira

Ci ha lasciato ieri, giovedì 2 aprile, il regista cinematografico portoghese Manoel de Oliveira (Manoel Candido Pinto de Oliveira, Porto, 1908), maestro indiscusso del cinema portoghese e senz’altro fra gli autori cinematografici europei più autorevoli e originali, considerandone l’indubbia abilità nel visualizzare con tratti sempre personali e caratteristici (in primo luogo la teatralità della messa in scena, enfatizzata dalla macchina da presa fissa e dall’accentuata rilevanza offerta tanto alla recitazione attoriale quanto al simbolismo offerto da ogni particolare scenografico) un universo contornato da puntuali riferimenti letterari e alla tradizione storica/culturale della propria terra d’origine.
Oliveira nel corso della sua carriera si è reso portatore di un cinema la cui essenza artistica e vitale veniva man mano costituita, in egual misura, dal fluire di dialoghi e immagini, fino a rappresentare, attraverso un calibrato ed elegiaco afflato, cui non sono estranei elementi filosofici, la classica dicotomia propria del rapporto che si viene a costituire tra arte e vita.

Affascinato dal mondo della Settima Arte, mise da parte gli studi per iniziare dapprima l’attività d’attore (Fátima milagrosa, 1928, Rino Lupo; A canção de Lisboa, 1933, José Cottinelli Telmo) e poi quella di regista documentarista, continuando sempre ad occuparsi delle faccende familiari (la sua era una famiglia di industriali). Prendevano vita quindi realizzazioni come il cortometraggio Douro, faina fluvial (1931) e il suo primo film, Aniki Bóbó (1942), adattamento da un racconto di João Rodrigues de Freitas, storia cruda e partecipe di due ragazzi di strada il cui mondo diviene speculare a quello degli adulti e suo antagonista, data la reciproca incomprensione conseguente nell’adattarsi all’esistenza con modalità apparentemente simili ma in fondo del tutto diverse.

L’insuccesso del film e il mancato finanziamento da parte dell’apposita commissione governativa di alcuni suoi progetti fece sì che Oliveira venisse costretto ad un lungo periodo di inattività, il quale ebbe termine nel 1956 con O pintor e a cidade (Il pittore e la città) cui seguì O pão (Il pane), due documentari, mentre nel 1963 realizzò Acto de primavera (Atto di primavera), suo secondo lungometraggio, dove iniziava a delinearsi la poetica di stile propria del Maestro, il quale visualizzava teatralmente l’alternanza fra vivida tradizione popolare (la sacra rappresentazione della Passione di Cristo nel villaggio contadino di Curalha) e un particolare senso d’immanenza sacrale, concreta ma puntualmente tradita dalle scelleratezze umane.

Dopo una serie di corti e documentari, Oliveira girerà nuovamente un lungometraggio nel 1972, dando vita con O passado e o presente (Passato e presente) non solo ad una tetralogia (nota sotto la denominazione “degli amori frustrati”), che proseguirà con Benilde ou a Virgem Mãe (Benilde o la vergine madre, 1975, da una pièce di José Regio) e Amor de perdição (1979, dal romanzo di C. Castelo Branco) per concludersi infine nel 1981 (Francisca, da un romanzo di A. Bessa-Luís), ma anche alla definitiva stilizzazione di un pregevole formalismo registico (il già descritto intreccio fra dialoghi e immagini, riprese a camera fissa funzionalmente dilatate, a segnare il fluire temporale), che esalta l’enfasi drammatica propria delle vicende narrate, all’interno di una rappresentazione della borghesia dal sapore quasi buenelliano, nel susseguirsi di allegoria e consapevolezza, richiami storici e sguardo al sociale.

Sempre alternando momenti di stasi ad altri d’intensa attività creativa, Oliveira ha attraversato gli anni Ottanta, Novanta e parte di quelli col “doppio zero”, praticamente fino alla sua scomparsa, sempre riuscendo a stupire ad ogni nuova proposizione, cavalcando originalità e lucidità tanto intellettuale quanto di linguaggio cinematografico.
Da ricordare la “trilogia teatrale”(Le soulier de satin, 1985; Mon cas, 1986; Os canibais, I cannibali, 1988), ulteriore e raffinata espressione visiva di un particolare dialogo fra palcoscenico e grande schermo, ed opere come Non, ou a vã glória de mandar (No, o la folle gloria del comando, 1990), A divina comédia (La divina commedia, 1991, Leone d’Argento-Premio Speciale della Giuria alla 48ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia).

Ancora, pescando fra le tante realizzazioni per ragioni di brevità espositiva, ecco Viagem ao princípio do mundo (Viaggio all’inizio del mondo, 1997, interpretato da Marcello Mastroianni, qui alter ego del regista), Je rentre à la maison (Ritorno a casa, 2001), O princípio da incerteza (Il principio dell’incertezza, 2002), Um filme falado (Un film parlato, 2003) ed infine la pellicola collettiva Mundo Invisivel (2011). Ma il grande regista non ha ancora finito di sorprenderci: nel 1982 ha infatti girato un film “segreto”, Visita ou memórias e confissões, destinato per sua espressa volontà a essere proiettato soltanto dopo la sua morte. E’ giunto quindi, purtroppo vien da scrivere, pur nell’inevitabilità di un comune percorso umano, il momento della visione, ulteriore espressione, nella suddetta confluenza fra arte e vita, di quell’emozione pura e sincera che solo un certo tipo di cinema, altrettanto genuino e vivido, anche nell’esibita teatralità della messa in scena, o forse proprio per questo, può continuare ad offrirci.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :