Per traghettare l’economia italiana fuori dalla crisi in cui si trova, è necessario convincere i mercati della nostra capacità di sostenere e di ridurre gradualmente il nostro debito pubblico. Per fare ciò è necessario soprattutto e prima di tutto stimolare la crescita. Un punto di crescita del PIL “sostituisce” una manovra di riduzione della spesa o di aumento di tasse di oltre 20 miliardi. Se permane una crescita zero o vicino allo zero, non saremo in grado di ridurre il debito in tempo e rischiamo lo scenario greco. La crescita richiede che lavorino più persone e che percepiscano redditi più alti. L’Italia ha un PIL pro capite del circa 25% più basso della Germania. Questo gap è dovuto per due terzi dalla minor partecipazione al mercato del lavoro e per un terzo agli stipendi più bassi.
Ecco 5 leve per la crescita: 1. Riduzione dei contributi previdenziali e IRPEF soprattutto a chi percepisce meno di 2000 euro al mese per aumentare il reddito disponibile delle fasce meno abbienti.2. Defiscalizzazione del costo del lavoro all’ingresso nel mercato per stimolare l’assunzione dei giovani e combattere la disoccupazione giovanile molto alta.3. Rafforzare i servizi alle donne (soprattutto asili nido) per facilitarne l’ingresso e la permanenza del mercato del lavoro. 4. Incentivare la web-economy. Un impatto significativo delle nuove opportunità in Rete su almeno quattro ambiti dell’economia italiana. Sviluppo economico in termini di Prodotto Interno Lordo (PIL), creazione di posti di lavoro, crescita delle piccole e medie imprese e surplus di valore per tutti i consumatori tricolori.. In quattro anni – dal 2005 al 2009 l’economia digitale avrebbe contribuito per il 14 per cento alla crescita del PIL italiano, e continua a svilupparsi ad un tasso dieci volte superiore al totale nazionale. Attualmente, l’economia basata sul web andrebbe però a costituire solo il 2 per cento dello stesso PIL, per un valore complessivo pari a 30 miliardi di euro. Nello specifico caso italiano, sono stati creati 1,8 posti di lavoro per ogni occupazione persa. Comunque una cifra bassa se si considera la media di 2,6 posti nei 13 paesi sviluppati e addirittura i quasi 4 della Svezia. Un problema causato in particolare dalla scarsa capacità di innovazione da parte delle piccole e medie imprese locali 5. Incentivare l’innalzamento dell’età’ effettiva della pensione ( anche per i Parlamentari) per aumentare la partecipazione delle persone nella fascia oltre 55 anni La riforma delle pensioni genera risorse per investire nelle altre iniziative, ma serve altro: una lotta seria all’evasione fiscale, vendita dei beni dello stato a partire dalle aziende di stato e se serve una piccola patrimoniale “strutturale”.
In questo scenario bisogna aggiungere la decurtazioni del 10% (fino al 2015) degli importi pensionistici a chi percepisce la pensione da minimo 3.000,00 euro ad un massimo di 4.000;da un mínimo di 4.001,00 euro ad un massimo di 5.000,00 del 20%;
da un mínimo di 5.001,00 euro ad un massimo di 7.000,00 del 30%;
da un mínimo di 7.001,00 euro in poi del 40%In modo tale da contribuire al risanamento dei conti Pubblici.
Welfare aziendale:
1) aumentare l’importo deducibile per le imprese, che non costituisce reddito assoggettato a tasse e contributi per il lavoratore, del buono pasto (attraverso strumenti come carte elettroniche che non dovrebbero costare all’esercente più del 2,5%) dagli attuali 5,29 €, fermi a prima dell’adozione dell’euro, ad almeno 10 euro; del resto se una impresa offre il servizio di mensa interna, già oggi può dedurre tutti i costi e il servizio non costituisce reddito per il dipendente.
2) Introdurre il buono trasporti, come accade in molte parti d’Europa e nella vicina Svizzera per compensare in parte l’incremento del costo dei trasporti, prevedendo un importo medio di 8 euro al giorno anche in funzione della distanza dal posto di lavoro, il tutto deducibile dall’impresa e non soggetto a tasse e contributi per il lavoratore.
Del resto se una azienda offre già oggi il servizio di trasporto collettivo deduce tutto e non c’è reddito per il lavoratore.
3) Si possono migliorare le condizioni economiche dei dipendenti anche con remunerazioni in natura quali il “pacco spesa”, i “buono libri”, ecc; oggi l’importo deducibile per le imprese e che non costituisce reddito per il lavoratore è modesto (258,25 euro) ma il Governo potrebbe aumentarlo favorendo cosi lavoratori e consumi, generando cosi un inizio di circolo virtuoso.
Una azienda potrebbe offrire ai propri dipendenti una spesa, tutta italiana, del valore di 65 euro (che all’ingrosso e senza fini di lucro costerebbe alla stessa non più di 50 € mentre in busta paga oltre 110 €) ogni mese.
Tradotto significa che le prime due misure, considerando 20 giorni lavorativi medi al mese, consentirebbero un incremento di reddito di 250 euro netti mese (+ 20% di salario rispetto a oggi); aumentando da 258,25 a 1.000 euro l’anno la retribuzione in natura, solo per il buono spesa l’incremento di reddito si attesterebbe sui 300 €/mese.
Vediamo l’effetto moltiplicatore: i lavoratori dipendenti privati sono circa 13 milioni; se solo 10 milioni avessero i nuovi buoni pasto e trasporti ogni giorno lavorativo verrebbero messi in circolazione 130 milioni di € (27,3 miliardi di € l’anno che diventano 34 miliardi con il pacco spese).
Ma, utilizzando il welfare integrativo, ce ne sarebbero molte di proposte tali da cambiare edequiparare i dipendenti ai lavoratori autonomi che molte di queste agevolazioni le hanno già.
L’insieme delle proposte illustrate, avrebbe un costo netto per l’erario (differenza irpef – iva) tra i 2 e i 3 miliardi annui.
Tuttavia per onorare l’articolo 81 della Costituzione, la copertura di questi oneri si ha riformando il non più sostenibile (né etico) sistema della disoccupazione in agricoltura eliminando il limite delle 101 giornate nonché le norme per la “disoccupazione ordinaria con requisiti ridotti” (interessano ogni anno l’enorme cifra di 548.000 lavoratori!) e riducendo le contribuzioni figurative.
Inoltre, ai soli fini del perfezionamento dei requisiti contributivi per le pensioni di vecchiaia iltotale delle contribuzioni figurative non potrà eccedere i 3 anni (oggi potrebbero essere anche più di 10 soprattutto in agricoltura, tra gli stagionali e i balneari e con requisiti ridotti – oltre 1 milione di lavoratori per anno).
Infine si potrebbe eliminare il divieto di lavoro per coloro che usufruiscono di forme di ammortizzatori sociali o scivoli pensionistici (si vedano i fondi esuberi bancari e assicurativi).
Per le imprese
E’ vero che siamo in recessione, ma ci sono aziende dinamiche e altre che se potessero investirebbero di più per essere più competitive; ma non si può investire e pagare alte tasse perché non si possono ammortizzare in tempi brevi gli investimenti
1) Occorre anzitutto ripristinare gli “ammortamenti anticipati” poiché è assurdo investire in macchine elettroniche e poterle ammortizzare in 5 anni quando già sono superate o attrezzature che durano due anni ma si devono spesare in 5.
Anzi, ad avere il coraggio, per i prossimi due anni ogni investimento dovrebbe essere ammortizzato nel più breve tempo possibile.
2) Aumentare il valore dei beni spesabili nell’esercizio fermi al vecchio milione ad almeno 1.500 €; pensate a uno smartphone del valore di 650 € che dovrebbe essere ammortizzato in 3 anni!
Facendo qualche proiezione, considerando le oltre 4,1 milioni di aziende e le circa 4,5 milioni di partite IVA, l’insieme di queste due misure potrebbe incrementare i consumi tra i 25 e i 30 miliardi l’anno.
In totale, queste “piccole cose” portano a circa 60 miliardi di consumi (più di 4 punti di Pil)