Magazine Cultura
A leggere il titolo, ci vengono i brividi, e non certo per gli effetti collaterali del genere: Sangu. Racconti noir di Puglia. Il dialetto salentino, il noir… non se ne può più! Poi, però, solchiamo le soglie del testo, leggiamo i nomi dei dieci autori, di qualità, coinvolti e la predisposizione cambia: Cosimo Argentina, Rossano Astremo, Piero Calò, Carlo D’Amicis, Daniele De Michele donpasta, Omar Di Monopoli, Elisabetta Liguori, Piero Manni, Livio Romano, Enzo Verrengia… ahia, c’è anche l’editore! Vabbé, ma almeno neanche un magistrato-scrittore: è già qualcosa! O quasi. La Liguori in effetti lavora presso il Tribunale per i Minorenni di Lecce. Perdonata…Scherzi a parte, il nuovo titolo pubblicato nella Collana Punto G di Manni editore, collana che ospita la narrativa di qualità e di ricerca (ricordiamo il Maschio adulto solitario di Cosimo Argentina, uno dei più bei romanzi italiani degli ultimi anni), interpreta la maniera così accentuata, caricata gli stilemi del genere, da dissipare alla lettura ogni sospetto di opportunismo editoriale, nonché di pleonastica ripetizione di una narrativa di genere - e di tutta la sua presunta capacità di analisi del reale.Certo, nelle intenzioni dichiarate vi è quella di offrire una faccia della Puglia fuori cliché, che si supponga anche più autentica («non è un libro per turisti alla ricerca di taranta e orecchiette con le cime di rape», ci informano): ma ogni tentazione di realismo o - e anche qui, francamente, non se ne può più - di reportage narrativo è sventata. Dieci racconti, che si offrono (persino esplicitamente, nel titolo di Daniele De Michele donpasta, Esercizi di stile su un uomo, una donna, un malvivente, un clandestino) come «esercizi di stile», più o meno riusciti, come spesso accade nei volumi collettanei. E in particolare ci ha colpito il gioco sulla lingua, che ci ricorda qual è il mestiere primo del narratore. Così apprezziamo il contributo di D’Amicis, Ammazzare i morti, che compone in gustoso italo-albanese pecoreccio un criminale flusso in prima persona per più di venti pagine. O di Omar Di Monopoli, che conferma in Maledetta maciàra la sua abilità a reinventare i dialetti delle Puglie per affrescare fondali epici da spaghetti-western con le tinte forti di quanto di truce e malavitoso di appartiene. Un’antologia godibile, che, se non aggiunge nulla di memorabile, certo dà ulteriore conferma della maturità e disinvoltura acquisite dalla nuova narrativa nostrana. (Enzo Mansueto)
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