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Manuale di economia politica 3: Creditori e debitori.

Creato il 26 ottobre 2011 da Enricobo2

Abbiamo visto ieri, che non si può fare a meno delle banche (i cui meccanismi sono bene esaminati anche da Francesco) anche se è necessario indirizzino le loro operazioni per evitare la fioritura di pericolose storture, con regolamenti, ma anche e soprattutto con la leva fiscale. Basta infatti una intelligente sovratassazione sulle operazioni pericolose (transazioni veloci, vendite allo scoperto, leve finanziarie) per ridurre le frange puramente speculative e lasciarne intatti gli utilizzi sani e necessari per cui sono state create. Ricordando che per essere efficaci, queste misure devono essere ugualmente applicate in tutti i paesi. Ma questo laisser faire, certamente miope, che ha condotto alle esagerazioni che hanno innescato la crisi mondiale, non avrebbero avuto le conseguenze devastanti che stiamo vedendo, se non si fossero innestate su quello che è il vero problema, la smisurata crescita dei debiti sovrani. Bisogna avere l'onestà di accettare che nella maggioranza degli stati, il nostro tra i primi, per un paio di generazioni, la mia in testa, è stato concesso per motivi vari (ma non ci interessa qui capire di chi è stata la colpa, ora esaminiamo lo stato dell'arte) alla stragrande maggioranza della popolazione di vivere al di sopra delle proprie possibilità, spendendo per questo più ricchezza di quanto ne producesse e finanziando questo sperpero con debito pubblico, che poi significa indebitarsi con sé stessi. 
La crisi ha evidenziato questa stortura che non può gonfiarsi all'infinito ed ora ci si chiede di rientrare. Sta di fatto che debitori e creditori sono alla fine le stesse persone, che magari si indignano e gridano: non vogliamo pagare il debito. In realtà la maggior parte di questi non capiscono che non ripagando il debito non potranno riscuotere il credito che hanno verso lo stato (e quindi sempre verso sé stessi) ad esempio perdendo tutti i loro risparmi se ne hanno, oppure non ricevendo più la loro pensione a fine mese o la loro copertura sanitaria, sociale, scolastica e così via. Pochi, gridando in piazza, capiscono che quando salta lo stato e dichiara bancarotta, saltano anche tutti questi servizi e si azzera tutto, non si possono più acquistare beni ed energia che nello stato non ci sono, perché nessuno dà nulla ad un debitore che non ha saldato i conti, deve far vedere moneta per avere cammello e lo deve pagare anche un po' di più. Lacrime e sangue vere, non queste in cui tutti gridano come se gli avessero levato la pelle per qualche provvedimento da un centinaio di euro. Vuol dire crollo della produzione del 50%, metà delle gente di quelli che attualmente lavora che perdono il posto, difficoltà a riscaldarsi e molte altre piacevolezze di questo genere, accadute in ogni posto che ha fatto il cosiddetto default (Russia nel '90, Argentina e così via). 
Quindi, qualunque siano i sacrifici da fare, saranno sempre di gran lunga meno gravi per i cittadini di un default dello stato. L'operazione primaria per evitare questo dramma è la riduzione graduale di questo pesantissimo debito, che tra l'altro, con il suo costo (gli interessi da pagare, che aumentano vieppiù, se aumenta il timore che questo debito non possa essere restituito) si mangia una bella parte di risorse utili ad avere quella crescita, che come abbiamo visto nella prima puntata, è obbligatoria e vitale alla sopravvivenza del sistema. Dobbiamo pensare che tutta la popolazione nel suo insieme, abituatasi ad un tenore di vita che non si poteva permettere, è andata dallo strozzino (il suo vicino di casa e viceversa) a farsi prestare i soldi per ricevere una pensione superiore ai soldi che aveva versato, una sanità di ottimo livello quasi gratuita rispetto alle trattenute dedicate e così via senza ripetermi, ed ora deve trovare i soldi per restituire questo prestito, perché se no, il vicino non compra più i Bot il prossimo mese e se lo fa, dato il rischio vuole interessi sempre più alti come ogni buono strozzino.D'altra parte anche lui si comporta nello stesso modo con il suo vicino. Una tentazione classica con cui si sono spesso risolti questi problemi nel passato, è quella di azzerare il debito, in pratica con una ipersvalutazione selvaggia e che evita il default dello stato, bruciando i risparmi, riducendo vicino allo zero pensioni e stipendi, colpendo soprattutto le fasce più deboli, per poi ricominciare il giro. 
E' accaduto spesso, generalmente accoppiando la cosa ad una bella guerra, generale e/o civile che spaccasse tutto per poter poi ricostruire da capo e ricominciare il gioco (le due mondiali, la Yugoslavia, tanto per ricordare le più note). La salvezza italiana è per ora data dal fatto che esistendo l'Euro, mai abbastanza ringraziando e santificando chi, contro l'incredulità generale, è riuscito a farci entrare e a cui ogni giorno  bisognerebbe ricordare di baciare i piedi, questa strada graditissima agli industriali e da loro praticata in maniera soft con la liretta, non sia percorribile, fino a che non verremo cacciati fuori dal sistema, cosa che per la verità e per fortuna non conviene neanche agli altri, se no lo avrebbero già fatto. Allora per trovare l'enorme massa di denaro necessario a ridurre questo debito (il cui andamento, vedete qui a lato di secondo in secondo), è necessario pescare in tutte le tasche alla grande, date le sue enormi dimensioni. Certo tutti si tirano indietro, dicendo, io ne ho già dati fin troppi, prendete ad altri, senza capire che ne servono talmente tanti che se non si preleva da un enorme numero di persone, meglio da tutti, non si scalfisce neppure il problema. Certo bisognerebbe avere un governo che non si preoccupi innanzitutto di perdere consensi e che volesse davvero risolverlo, il problema. Domani vedremo quali sono le mie proposte al governo e che metterò in atto senza tentennamenti, appena nominato cunctator di questo stato.


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