È arcinoto che Alessandro Manzoni (1785 - 1873) venne in Toscana per "risciacquare i panni in Arno".
Come riporta Giulietta, la primogenita ventenne, nel suo diario, dal 10 al 25 luglio del 1827, la famiglia al completo, composta di tredici persone, compresi i domestici - spostandosi con due carrozze, di cui una nel corso del viaggio finì in una scarpata - giunse a Livorno.
Durante il soggiorno a Genova, dove aveva preso i bagni di mare, Manzoni era stato messo sull'avviso riguardo al caldo "oltraggioso" della nostra città e a certe zanzare che davano la febbre e rovinavano la pelle, per cui vi arrivò già prevenuto. Non contribuì a ingraziarlo verso di noi un disguido organizzativo per il quale fu sballottato da un albergo all'altro. Si fermò quindi in via Ferdinanda, cioè via Grande.
Scrivendo all'amico Tommaso Grossi, si lamenta della confusione:
"tale è la folla, l'andare, il venire, l'entrare, l'uscire, il gridare, il favellare."
Sebbene le finestre della camera d'albergo dessero sul retro, esse si affacciavano su una chiostra che apparteneva al Caffè Greco, allora il primo di Livorno, e gli schiamazzi toglievano il sonno a tutta la famiglia.
Sappiamo che nel viaggio Manzoni aveva portato parecchie copie del romanzo, da poco stampato in una stesura antecedente alla revisione linguistica. Il libro, infatti, aveva avuto successo ma non era facilmente reperibile in Toscana. Le vendette quasi tutte.