13 luglio 2012 Lascia un commento
E’ la storia corale di tanti personaggi, dalla schiava psicologica del reverendo Moon allo scrittore celebre ma esiliato dal proprio successo e dai propri timori, il prigioniero arresosi alla sua condizione fino alla fotografa che ha trasformato il mestiere nella propria personalissima psicosi. Tutto insieme, tutto mescolato, matrimoni di massa, attentati dinamitardi, rapimenti e riscatti, ritratti e parole e DeLillo lo riconosciamo nel montaggio frenetico e mai confuso e lo troviamo negli universi che costruisce piegati attorno alle idee sottese al soggetto, laddove il rumore bianco di sottofondo e’ il messaggio, quello vero malgrado l’uomo e la sua quotidianita’ facciano di tutto per soffocarlo.
E parlando di messaggi e’ un libro sulla parola, sulla forza che modella la storia, sullo scempio che ne ha azzoppato la valenza lasciando che la cacofonia della violenza ne prendesse il posto.
Nell’abuso reiterato della parola la sua sconfitta, Mao primo e ultimo e in mezzo l’arte pop nella trasposizione infinita da verbo a gesto ed ecco che la rivoluzione si trasforma in giocattolo popolare depotenziandosi in effige da salotto lasciando spazio alla violenza, unico messaggio che l’Occidente gia’ sconfitto riesce ormai a capire.
"In societa’ ridotte allo sperpero e alla sovrabbondanza, il terrore e’ l’unica azione significativa."
DeLillo ancora una volta intuisce con largo anticipo le debolezze proprie e del sistema nel momento in cui reclama il ruolo di scrittore, ammettendo implicitamente che nulla gli e’ rimasto se non trasformare le parole da spada a scudo e dietro esse conservare almeno il ricordo dei tempi nei quali si vincevano guerre, non si leccavano ferite.
Il testo e’ potente ma contratto, chiuso in una rassegnazione che passa dai protagonisti giungendo all carta stampata.
In molte altre occasioni con gli stessi ingredienti DeLillo aggredisce, qui va poco oltre l’inerte constatazione dei fatti e basta seguire le vicende dei personaggi per rendersi conto che la partita, questa almeno, ormai e’ perduta.
Temo pero’ sia piu’ un commiato che un arrivederci. Godiamoci quanto resta.
"Quello che guadagnano i terroristi lo perdono i romanzieri. Il potere dei terroristi di influenzare la coscienza di massa e’ la misura del nostro declino in quanto forgiatori della sensibilita’ e del pensiero.
Il pericolo che essi rappresentano e’ pari alla nostra incapacita’ di essere pericolosi."