Sembra impossibile, ma alle volte Berlusconi riesce a starmi simpatico. E questo sentimento mi nasce regolarmente quando gli altri fanno finta di non sapere chi sia, cadono dal pero e si accorgono improvvisamente che il socio di governo è un ricattatore, un evasore, uno che se ne frega delle istituzioni, un potenziale eversore. Stamattina mi sono sentito inondare di simpatia per la mummia fasciata da Caraceni, quando sono stato travolto dalla massa di richiami alla Costituzione che dal Colle si è diffusa fin nelle latebre del governicchio lettiano per condannare il bluff delle dimissioni di massa dei barabba del Cavaliere e accorrere al capezzale delle larghe intese ossia dell’alleanza con il medesimo individuo.
E mi sono domandato: è forse la stessa Costituzione che intendono manomettere assieme al condannato, a quello che fa strame della giustizia per sterilizzarne il progetto e la visione sociale che essa contiene? E’ la stessa magna carta che vogliono stravolgere con la deroga all’articolo 138 per continuare a produrre o a tenersi leggi elettorali illegali e arrivare a quella repubblica presidenziale che è stato cavallo di battaglia di Berlusconi? Purtroppo sì ed automatico provare antipatia per gli ipocriti che gridano allo scandalo dal pulpito dei complici come se avessero pensato fino ad ora che Silvio fosse Maria Goretti.
Ciò che sta accadendo è il frutto velenoso di una stagione in decomposizione, ma tenuta nel freezer delle larghe intese , prima tecniche e poi politiche, nel tentativo di congelarne qualsiasi evoluzione e di conservare così, al riparo da ogni spiacevole cambiamento, gli assetti di potere sui quali vive un’intera classe dirigente. Una ricetta di Palazzo per la regia di Napolitano nata nel 2010 con il primo salvataggio di Berlusconi, ma successivamente stimolata e appoggiata da poteri europei e finanziari che non avevano in simpatia il Cavaliere, ma ancor di più paventavano governi con l’esclusione della destra.
E’ evidente che al di là delle Alpi non si sospettasse quale fosse il grado di decozione e consociazione del sistema politico e come esso fosse incapace di resistenza e disposto a tutto pur di sopravvivere. Sta di fatto che la parola non è mai stata data agli elettori, nemmeno quando essi sono stati finalmente chiamati alle urne: dopo aver detto la loro sono stati zittiti. Un equilibrismo più che un equilibrio che si regge tutto sul perno del Quirinale, il cui inquilino già in età veneranda e smemoranda è stato rieletto come unico possibile garante di questo golpe in casa Cupiello. Ti piace o ‘nciucio?
La santa alleanza però, nata anche per dare un salvacondotto al Cavaliere, si scontra con il peso sottostimato degli scheletri nell’armadio di Arcore e ora il tycoon, in veste di Sansone contro i filistei, vuole che la fideiussione venga onorata e che il garante faccia qualcosa per evitare l’espulsione dal Senato che lo lascerebbe senza uno scudo contro altre condanne. Così straparla di dimissioni di massa, di fine delle larghe intese, mandando nel terrore Letta. Ma il Colle cosa può fare se non predicare ogni giorno la necessità di non mettere in pericolo il governo con mosse avventate come quella che la giustizia faccia il suo corso? Mica può sconfessare i magistrati o mandare le teste di cuoio a salvare le teste d’asino e nemmeno può graziare prima che sia stabilita in termini quantitativi la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici . Già ha i suoi problemi perché deve tornare a vedersela con quella famosa trattativa stato – mafia che si riaffaccia al suo orizzonte, mica gli si può chiedere l’impossibile, cerca di far capire al pluri salvato che sta dando di matto e che rischia di danneggiare proprio quelli che con tanta sollecitudine lavorano perché nel voto sulla decadenza vi siano delle gradevoli sorprese per Silvio.
Ma Berlusconi è preso da questa ciclotimia senile tra rompere e continuare non tanto per la paura di una galera che comunque non farà mai, quanto perché si rende conto che il suo tempo è esaurito: che il progetto neo democristiano gli sta togliendo il terreno sotto i piedi, che più rimane al governo e più dà spazio a questo disegno, mentre se tenta la strada delle elezioni mette a rischio anche la sua “roba” in caso di sconfitta. E allora fa continuamente tremare il tavolo per tentare di spostare le pedine a suo favore, per mantenere in fibrillazione il sistema fino a che non abbia tutte le garanzie di impunità per sé e per il suo impero. E anche per dimostrare di esistere nel modo che gli è più consono. Così compare con quella faccia che ormai lo fa rassomigliare a un Mao impagliato ad esaltare il grande marcio. In buona compagnia.