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Restano con un piede agganciati all'ultimo esperimento i fratelli Taviani, portando in scena cinque novelle tratte dal Decamerone di Boccaccio e raccontandole attraverso la latitanza in una villa campagnola di un gruppo di dieci giovani, in fuga dalla Firenze del 1300 a causa dell'incessante diffusione della peste.
Solo finzione, dunque, nessun versante documentaristico a cui potersi appoggiare per chiedere il cambio e spezzare la scena in caso di necessità: circostanza che anziché aiutare i due registi non fa altro che mettere ancora più in evidenza quei stessi difetti già riscontrati nella loro precedente uscita. Se in "Cesare Deve Morire" infatti la loro maniera sorpassata di esposizione trovava conforto in quelle parti sanguigne, in cui i protagonisti smettevano i panni degli attori e assumevano quelli reali di carcerati e esseri umani, in "Maraviglioso Boccaccio" ciò non è operazione possibile e nella carica generale di un opera antica e stantia, questo finisce solo per appesantire con una velocità supersonica l'insostenibile fardello di uno spettacolo che già dopo i suoi primi due episodi dimostra di non aver niente né da dire e né da aggiungere alla materia che vuole rappresentare. Scelgono storie poco interessanti i due registi, con tematiche prevedibili e, alla lunga, ridondanti. Non osano praticamente nulla, e quando è il turno di ridare ossigeno allo spettatore e di mollare, perciò, l'amore sofferto per una sua divagazione più comica, falliscono completamente il bersaglio asciugando quasi integralmente il potere di una Paola Cortellesi probabilmente in parte.
Diventa allora solo un esercizio di stile il loro omaggio al Decamerone, una pellicola che molto somiglia a quei spettacoli scolastici, teatrali, messi in scena per garantire a genitori, amici e parenti che il loro prediletto non ha buttato affatto il suo tempo, imparando a muoversi sul palco, a condividere la scena con altre persone e persino abbastanza a recitare. Già, abbastanza, poiché nella modalità enfatica con cui ogni attore è chiamato a dar voce al suo personaggio, l'oscillazione tra sobrietà e caricatura è sempre in allerta e pronta ad invadere lo schermo, penalizzando soprattutto quei nomi presenti nel cast abituati maggiormente a muoversi su corde meno nobili, che non prevedono, appunto, palcoscenici d'autore.
Un'operazione da dimenticare in toto, perciò. Complicatissima da sostenere fino in fondo e probabilmente neppure utile sotto qualsiasi punto di vista. I fratelli Taviani sono rimasti evidentemente aggrappati ad una tipologia di cinema impolverata, che oggi andrebbe assolutamente ricontrollata e restaurata, altrimenti il rischio è che di meraviglioso, piuttosto che Boccaccio, lo spettatore veda solo i titoli di coda.
Quelli che lo esortano a lasciare una proiezione onerosissima, liberandolo finalmente.
Trailer:
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