Gli appuntamenti organizzati dal Comune di Milano non finiscono di certo e, anzi, oltre alla mostra dedicata interamente al pittore olandese Van Gogh, il Palazzo Reale – in collaborazione con 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore, Arthemisia Group e GAmm Giunti – ospiterà dal 17 settembre 2014 al 01 febbraio 2015 un altro artista: Marc Chagall, pittore russo naturalizzato francese – ma di origini ebraiche –, in Marc Chagall. Una retrospettiva 1908-1985. Un’occasione senz’altro unica, in cui sarà possibile vedere le sue opere: da Le petit salon, il primo quadro realizzato nel 1908, alle monumentali opere che caratterizzano gli anni Ottanta.
La mostra si articolerà in sezioni suddivide in ordine cronologico, partendo dalle opere degli esordi realizzate in Russia – durante il primo soggiorno francese e il successivo rientro in Russia, fino al 1921 –, il secondo periodo dell’esilio, prima in Francia e poi, negli anni Quaranta, in America e, infine, il terzo periodo caratterizzato dal suo soggiorno in Francia e dalla scelta definitiva di stabilirsi in Costa Azzurra.
Si tratta perciò della più grande retrospettiva mai dedicata a Marc Chagall, con oltre 220 opere presenti, che accosta dipinti conservati nelle collezioni private degli eredi – alcuni inediti – a capolavori conservati nei grandi musei del mondo come: MoMa e Met di New York, National Gallery di Washington, Museo Russo di San Pietroburgo e Centre Pompidou di Parigi. Tuttavia, l’esposizione non sarà caratterizzata solamente dai dipinti, bensì apporterà un rilevante contribuito alla conoscenza scientifica del pittore. Infatti, saranno presenti alcune Memorie inedite – elaborate dal maestro dal 1970 –, tant’è che la rassegna sarà riproposta nella primavera del 2015 nei Musei Reali di Bruxelles.
Alla domanda posta dal gruppo Il sole 24 Ore “Quali sono le finalità che questa retrospettiva si pone?”, la curatrice Claudia Zevi ha risposto: «Chagall è uno dei pochi maestri del Novecento che mantiene intatta la sua capacità di fascinazione e di presa sul pubblico del mondo contemporaneo. Ciò è dovuto non solo alla piacevolezza della sua pittura e al suo tono onirico, ma anche ai temi che ha affrontato nel corso della sua vita. Chagall fu uno straordinario poeta, capace di cantare come pochi i temi dell’amore e dei sentimenti. E fu anche un artista fortemente legato alla sua terra russa e alle sue origini ebraiche, e fu testimone sensibile di tutte le vicende storiche – anche le più tragiche – che caratterizzarono la storia del Novecento. Il suo linguaggio, apparentemente facile e gioioso, rivela in verità complessità e profondità filosofiche. Chagall proietta nei suoi dipinti l’immagine di un mondo poetico intessuto di trazione ebraica, di suoi ricordi di Vitebsk, di vita parigina, ma anche dei suoi amori e delle sue esperienze di vita, a volte assai amare».
Una vita dedicata all’arte quella di Chagall, che si dipana fra le varie esperienze che gli consentono di scoprire molteplici linguaggi elaborati nel corso del Novecento, mediante l’influenza delle maggiori culture occidentali europee: dall’ebraica alla russa, dall’incontro con la pittura francese alle avanguardie ed è questo il filo rosso che unisce le varie sezioni.
Tralasciando per un attimo la sua vita privata, ciò che c’interessa sapere in questa sede è la pulsione dirompente che lo porta a creare le sue opere che risentono del clima socioculturale in cui è vissuto. Se, come dice lo stesso maestro: «L’arte mi sembra essere soprattutto uno stato d’animo. Lo stile non è importante. Esprimere lo è. La pittura deve avere un contenuto psicologico. Io stronco sul nascere ogni mio impulso decorativo. Attenuo il bianco, amalgamo il blu con mille pensieri. La psiche deve trovare la propria via nei dipinti. Bisogna lavorare sul quadro pensando che qualcosa della propria anima entrerà a farne parte e gli darà sostanza. Un quadro deve fiorire come qualcosa di vivo. Deve afferrare qualcosa d’inafferrabile: il fascino e il profondo significato di quello che ci sta a cuore», ne deriva che la sua produzione si distingue per l’importanza del colore che diventa libero e indipendente dalla forma.
In realtà, Marc Chagall occupa un posto di rilevo nell’arte del XX secolo, tant’è che il poeta, saggista e critico d’arte francese André Breton l’ha definito un precursore del Surrealismo, poiché la sua opera è del tutto originale e non si riconosce in nessuno dei movimenti d’avanguardia più diffusi; mentre Herwarth Walden ha scoperto che nella pittura del maestro ci sono delle analogie fondamentali per l’Espressionismo. Da queste considerazioni emerge perciò un talento poetico, che si manifesta nei suoi dipinti ricchi di vivacità lirica e di visionarietà. Per questo motivo le sue Memorie sono importanti dal punto di vista scientifico, poiché non sentì mai la necessità di rivelare le sue idee con un trattato o un saggio critico. La sua indole, infatti, è protratta verso la forma stilistica della poesia, capace di scandagliare l’animo sia di chi scrive sia di chi legge.
Molto importante è la sua città d’origine – Vicebsk, in Bielorussia –, poiché gran parte della sua abilità artistica deriva proprio da lì. Infatti, la città ospita i bazar, le feste popolari e religiose alle quali è data grande importanza fra la popolazione. La cultura del pittore è ebraica – proviene, infatti, da una famiglia attenta alla tradizione –, tuttavia visse la spiritualità con minore fervore.
Le prime composizioni pittoriche rivelano alcuni lati della sua personalità. Si pensi a Il piccolo salotto, opera del 1908, in cui riproduce alla perfezione l’interno della casa paterna, ma con il suo trasferimento a Pietroburgo creò dipinti che in qualche modo gli ricordavano la sua città natale: da I musicisti (1907) a La sagra (1909), a Le nozze e Il parto, entrambi realizzati nel 1910. Opere che rappresentano diversi lati della vita, dagli eventi più importanti a quelli mondani il cui punto nevralgico è l’ambiente familiare e rassicurante. D’altronde, il soggiorno a Pietroburgo diventa importante nel momento in cui si avvicina al “Mondo dell’arte”, che lo aiuta a liberare la sua fantasia caratterizzata già dalla conoscenza delle leggende chassidiche – le cui origini risalgono al rabbino Isra’el ben Eliezer (1698-1710) detto il Baal Shem Tov “Signore del Nome buono”, il quale promuove in Podolia (all’epoca in Polonia, oggi Ucraina), attorno al 1740 una rinascita religiosa che coinvolge molti ebrei dell’Est europeo – e delle fiabe russe.
Sebbene nelle sue opere convivano e quasi si sovrappongono i movimenti d’avanguardia come il Cubismo, il Fauvismo e il Futurismo – ne è un esempio Io e il villaggio (1911) –, fa fatica a riconoscersi in questi movimenti e lo fa in occasione dell’opera Omaggio ad Apollinaire (1911), occasione che gli permetterà di conoscere il poeta, scrittore, drammaturgo e critico d’arte francese Guillaume Apollinaire al quale affermerà: «Io so, voi siete l’ispiratore del Cubismo. Ma io preferisco qualcos’altro». Sì, perché i suoi capolavori danno importanza al rapporto fra realtà e finzione, alle atmosfere quasi oniriche e fiabesche, che diventano perciò il palcoscenico delle molte rappresentazioni simboliche piene di metafore e di allegorie.
Written by Maila Daniela Tritto