Un anno fa ci scherzavo: speriamo di non dover rimpiangere Berlusconi. Naturalmente sorridevo, era pura fantascienza. Ma oggi davvero ci si è andati vicini: il giovane industriale fighetto che non vuole “politici a Capvi” e finge di intonarsi a sentimenti popolari per far passare in maniera più indolore tutti i sacrifici che s’intendono chiedere, mi riesce insopportabile. Così come la becera mimesi politica che tenta di mettere in scena.
Ma soprattutto quel terribile, incredibile “Progetto delle imprese per l’Italia”, messo insieme da Confindustria, Abi, Ania, Alleanza delle Cooperative. Una desolante documentazione dell’immobilismo e della vorace arroganze di oligarchie che sono state pronube e complici del berlusconismo, ma che ora alla fine di un regno, se ne vengono fuori in veste di “alternativa”con le trite proposte che mettono in campo da quindici, vent’anni, da quando hanno smesso di investire nella produzione per dedicarsi alle speculazioni finanziarie e da quando hanno pensato che i bassi salari, la precarizzazione e lo smantellamento del welfare fossero sufficienti a vincere le sfide al posto dell’innovazione e della qualità.
Parlano di discontinuità ma è tutto un continuare sulla stessa strada, pregando però di non guardare al passato dove l’egoismo imprenditoriale ha fatto macelli, ma di pensare al futuro. Quel futuro? Quello del Paese? Nemmeno per sogno, quello degli imprenditori stessi che insistono sulle vecchie ricette perdenti. Non c’è una parola su quello che chiamano sistema Italia: né sulla scuola, né sulla ricerca, né sulle dinamiche del lavoro per superare il precariato, né sugli investimenti strategici, né su nulla che possa implicare qualcosa di coerente e di collettivo. No, solo sui vantaggi immediati per l’impresa e vista la polverizzaaione dell’industria, spesso per il solo imprenditore a spese di chi lavora.
I cinque punti essenziali sono una vergogna per la poca immaginazione, per la banalità, per la pretestuosità, per la chiusura dentro dei totem mentali, per l’aperta ingordigia. In questo documento è un passato insoddisfatto che parla, ma nemmeno 23 grammi di futuro e anche quel po’ di pessimo futuro. Un compitino povero e deludente.
“E’ necessario eliminare rapidamente le pensioni di anzianità, accelerare l’aumento dell’età di pensionamento di vecchiaia, equiparare l’età di pensionamento delle donne a quella degli uomini anche nel settore privato”. Questo l’incipit, la fissa di sempre che permette di pagare molti meno contributi per le pensioni. E poi la riduzione del cuneo fiscale che così darebbe qualche soldino in più ai lavoratori a spese dell’ erario ed esimerebbe le imprese da aumenti di salario e di stipendio. E poi naturalmente svendita dei beni dello Stato che con tutta evidenza sarebbero destinati agli stessi imprenditori, semplificazione delle pratiche per far andare avanti i cantieri, ma anche subire assai meno controlli e le eterne liberalizzazioni.
Sono esattamente le stesse ricette che da 16 anni ci hanno fatto essere il fanalino di cosa della crescita, che hanno devastato il debito pubblico con appalti all’insegna della commistione pubblico – privato, che hanno dato fiato alla corruzione, che hanno ucciso il mercato interno e che infine ci hanno portato sull’orlo del baratro. Ma la peggiore classe imprenditoriale d’Europa non si vergogna a riproporle appoggiandole a volte a dati vistosamente falsati o appositamente mal interpretati. In realtà non c’è un solo parametro in cui il sistema produttivo italiano non abbia un vantaggio sui diretti concorrenti. Ma certo il grande svantaggio è avere questi imprenditori.
La ciliegina sulla torta è la proposta di contrastare l’evasione con un maggior uso delle carte di credito. E anche quella di andarci piano con verifiche e controlli perché l’evasione si combatte secondo questa furbastra farneticazione, istituendo un “premio fiscale” per quelli che rispetteranno la legge denunciando il dovuto. Ma certo con pochi controlli, saranno tutti premiati.
Sinceramente se devo essere preso per il culo da qualcuno, ed uso appositamente una volgarità assai più leggera di questo progetto per l’Italia, preferisco la faccia tosta di Berlusconi che quella stolida e famelica di nostra signora Marcegaglia dei fondi neri.
Eppure sapete, c’è pure chi ci gode in queste prese: i media fanno finta di non capire tutto l’abisso di passato, di ottusità e di avida pochezza contenuta nel documento, mentre udite udite i deputati del Pd, dicono: parliamo noi con gli imprenditori. Si parlate pure. Tanto poi votiamo noi.