Marcello Bellavia, FRONTESPIZIO LUMINALE, Edizioni Smasher 2013
Ché, poi, forma di una venatura di pietra, o di corallo, possano coincidere con le forme dell’evoluzione di una nebulosa, è un dato che Bellavia coglie nella richiesta di senso all’infinitamente grande, facendo proprie le domande degli astronomi e dei fisici, il loro indagare o formulare operazioni non molto dissimili, almeno nelle premesse, dalla sete di rappresentazione dei procedimenti artistici.
I titoli di queste poesie, dunque, sembrano funzionare proprio come postulati, o etichette poste accanto all’oggetto della ricerca, formulazioni asettiche, per descrivere ciò che, invece, è o è stato incandescente, sia che si tratti di forme naturali, sia che si tratti di dire qualcosa di interiore: Pattern sbilanciato: apocalisse; pensiero divino: fine del periodo mesozoico; relativismo perduto, sogno senza storia e contenuto…
Si vedano, per esempio, le conseguenze ustorie di un ascolto (Musica classica: buche, ultrasuoni e dannazioni) ed è evidente come, la complessa architettura sonora di un testo, ( musica o parole o segno, non importa) ordinata e frastagliata nello stesso tempo, altro non sia che forma in/naturale che si ripercuote attraverso, nell’altrettanta complessa regia di un’anima (e se la scrittura altro non fosse che materiale smosso scompostamente, e ricomposto, in un processo di filiazione?)
Musica classica: buche, ultrasuoni e dannazioni
Le orme delle note
s’affollano sul muso,
come lentiggini oscure,
dove contrarie s’annunciano
morbillo disamore, infanzia irreale
che schernendo per contrasto
il viso, mostrano le gambe capovolte
ad ogni passo, lasciando
nel resto del bianco pentagramma-paradiso
un’immensa voragine lucente
come il principio tra le cosce
dell’inferno, che raggiunto
l’interno della terra diventa
fuoco per la miscellanea corretta
e quindi rosa nel colore.
p. 14
Ogni cosa, dunque, sembra dire Bellavia, è parte, e io immagino possa esistere la possibilità, in futuro, di una poesia in grado di accogliere – per umana pietà e intelligenza della voce – tutti gli opposti e di fissarsi nell’esperienza del vissuto perché, ciò che cogliamo come dato, sarà il dato, tout court, del nostro percepire ed essere percepiti nel grande respiro del Tutto che abitiamo.
Argon
Il gas che alimenta
di fuoco il tuo cuore
è un polsino in plastica
titanica
una saldatura a fisarmonica
frammentato in acqua
scarica di fiato
il dolore fluorescente
e nel sudore luminale
si leva ad ogni respiro
come l’acqua se l’immergi,
risparmiando solo l’anima
lucente, aria vuota
che ormai ha reso
il volo, nel pieno di un sospiro.
p. 19
Mistico riflettente
Tra le pieghe ruvide dei tuoi vestiti
si colora il tuo ventre
e per questo passo
l’arcobaleno risiede
solo nei tuoi occhi.
Al mattino la corteccia si fa tappeto
sotto le zampe e per pressione
il fuoco che ti mangia la faccia,
ti fa saltare spesso la bonaccia
e la cena diviene lontana mille rami.
La sera illumini naturale
di colore, , la notte di soppiatto
sfidando le lucciole nell’asfalto
vegetale, brancolando
la testa ad ogni braccio,
ad ogni passo, dipendendo
solo dalla coda, simmetricamente
obliquo, nell’inverso vivere
di cui ancora, non distingui le forme.
p. 10
Costellazioni
Vibrava la mano astronomica
che disegnava in cielo
una linea fratturata,
giunture d’ossa che aggiungevano
metro al metro,
recintando una piscina di luci
e suoni oltre il muro,
pugni che il tempo a random
scagliava in faccia all’universo
- alla velocità della luce -
sino a lasciarne i bianchi lividi,
delle costellazioni.
p. 23